Clare Hutchinson: «Nato, pace e sicurezza la svolta con le donne»

Clare Hutchinson il rappresentante speciale del segretario generale Nato per donne e pace
di Cristiana Mangani
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Sabato 13 Luglio 2019, 09:46 - Ultimo aggiornamento: 16:43

L'integrazione è la parola centrale del suo lavoro, il sogno da raggiungere. E per inseguire questo sogno, Clare Hutchinson ha dovuto rinunciare a tantissime cose nella vita: a cominciare dal sonno. «Ho sempre dovuto lavorare il doppio dei miei colleghi uomini», ammette. Oggi, questa signora di origini canadesi, è il rappresentante speciale del segretario generale della Nato per le politiche che riguardano le donne, la pace e la sicurezza. Un posto di vertice, dal quale può e vuole lanciare con maggiore energia la sua battaglia per l'uguaglianza dei gender.
Miss Hutchinson, cominciamo dalla Nato: quale è la posizione delle donne nei vostri uffici?
«Direi che c'è parecchio da fare. Il personale femminile è al 39 per cento. Le donne sono presenti a vari livelli, ma non proprio a tutti, perché purtroppo a livello alto ce ne sono veramente poche. Negli anni siamo riuscite a far crescere il numero, ma mai come ora questo aspetto è una priorità per la Nato».
In che modo si è evoluta la situazione nel corso degli anni?
«Nel 2012 c'è stata la prima importante vittoria con la creazione della posizione di rappresentante speciale per Women, peace and security».
Il suo incarico parte nel 2018.
«Esatto. Nello stesso anno del mio arrivo viene approvata la revisione della Nato Policy for Women, peace and security. L'ultimo aggiornamento introduce tre principi: inclusività, integrazione, integrità».
In che modo vengono attuati?
«Riguardo all'inclusività, l'obiettivo è di incrementare concretamente il numero delle donne nell'Alleanza atlantica. Il lavoro principale va fatto sulle Nazioni, è da lí che deve partire il processo. Quello che conta è riuscire a dimostrare che la sicurezza delle donne è un fattore vitale anche per la sicurezza dello Stato e per la sua incidenza nei conflitti e nelle guerre».
Donne con le stellette?
«Al momento sono solo l'11 per cento quelle presenti nelle missioni estere». Passiamo al secondo punto: l'integrazione.
«È qualcosa che riguarda principalmente le politiche interne alla Nato. Devo dire che si stanno facendo molti sforzi su questo punto».
E l'integrità?
«Riguarda i nostri codici di condotta. Sono dei principi di comportamento sui quali si muove l'attività. Delle linee guida comuni su come ci si deve comportare. Si sta per ufficializzare una politica sul Sexual exploitation and abuse. Ci stiamo lavorando, sarà fatto tutto entro l'anno».
La tipologia di conflitto è cambiata, il modo di combattere e di uccidere è diverso, in questi nuovi scenari la donna come può essere protetta e proteggersi?
«Noi ci riferiamo alle donne non come gruppo vulnerabile, ma come donne a rischio e comunque parte attiva. Devono aiutare se stesse. Promuoviamo questi principi negli Stati con un approccio duplice: rendere le donne protette e allo stesso tempo partecipi della loro difesa».
I primi passi verso l'integrazione quando sono stati mossi?
«Nel 2000. È da quella data che si ha il primo vero progresso, quando le Nazioni unite cominciano a spronare i peacekeeping affinché mostrino particolare attenzione nei confronti delle donne nei paesi di guerra. Fino a quel momento la parola donne non compariva in nessun discorso sulla sicurezza». Oggi ai militari si chiede di più.
«Siamo riusciti a creare una nuova figura professionale, il gender advisors, sono i consiglieri dei comandanti ai quali spetta il sostegno all'integrazione di genere nel nostro lavoro operativo».
Raggiungere una posizione di vertice, come la sua, quanto impegno e sacrifici richiede?
«Le donne devono faticare due volte di più per gli stessi guadagni, anche nei paesi più industrializzati».
E una volta ai vertici, qual è la missione?
«Ho perso tante ore di sonno per arrivare dove sono, ma se si crede in una causa - e questo lo dico a tutte le giovanissime - si può riuscire. A quel punto, però, la responsabilità è doppia. Bisogna fare da mentoring alle più giovani affinché evitino di commettere gli stessi nostri errori».
Il sogno personale di Claire Hutchinson?
«L'uguaglianza per tutte le donne, è veramente quello che sogno. Ma sogno anche che gli uomini si rendano conto che l'uguaglianza può rappresentare una buona cosa pure per loro».
Da donna a donna: siamo più nel campo dei miracoli che non dei sogni...
«Nel mio mondo ideale le nuove generazioni non dovranno più combattere contro le discriminazioni, e le persone verranno accettate per quello che sono, donna o uomo». Miss Hutchinson, in bocca al lupo.

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