Irma Testa, la prima donna della boxe: «Prima di amare un uomo amate voi stesse»

Irma Testa
di Vanna Ugolini
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 10 Luglio 2019, 10:17 - Ultimo aggiornamento: 21:14

Dai quartieri di Torre Annunziata al tetto del mondo del pugilato. A 21 anni Irma Testa è la ragazza dei record: la prima donna italiana ad accedere a una competizione olimpica nel campo della boxe, un libro e un film su lei, la Butterfly del pugilato italiano. "Vola come una farfalla, pungi come un'ape" diceva il campione di boxe Mohamed Alì. E lei vola e punge, conquista titoli su titoli - a marzo ha vinto il campionato europeo under 22, oro e titolo di miglior atleta - continuando a sognare l'obiettivo più alto, le Olimpiadi del 2020 dopo che a Rio la medaglia le sfuggì di mano per pochissimo.

Irma Testa ha però anche un'altra storia da raccontare, una storia di cambiamento, di una ragazza che accettato la sfida di mettersi alla prova e di sfatare più di un luogo comune. Bella, femminile anche con i guantoni, da ragazzina irrequieta che cercava la sua strada al ring. Fa parte delle Fiamme oro, la polizia di Stato. L'irrequietezza è rimasta ma ora Irma canalizza sul ring. La farfalla che vola tra le corde ha un segreto: ad aiutarla a spiegare le ali è stato il suo primo maestro, Lucio Zurlo, che ha avuto fiducia in lei quando la vide, da bambina, fragile e determinata allo stesso tempo, con i guantoni sul ring della sua palestra. 

Irma Testa, stella del pugilato arriva al cinema con “Butterfly”

«Il realtà il pugilato era la passione di mia sorella ma questa passione, poi accompagnandola agli allenamenti, ho scoperto che era anche la mia. Sul ring ho trovato il mio mondo, il mondo in cui stavo bene, tra quattro mura, nella mia palestra di società». Aveva dodici anni quando, probabilmente senza nemmeno rendersene del tutto conto, sfidò stereotipi e convenzioni: si tolse il tutù e si infilò i guantoni. «Ho provato tutti gli sport, anche sport più femminili, dopo una settimana mi cacciavano. Se andavo a danza “ero una pazza”, se andavo a pattinare “ero una pazza”. Invece il pugilato mi calmava. Mi dava una pace interiore». Un percorso non facile, fatto di sacrifici, lontana anche dalla famiglia per seguire gli allenamenti e per le gare. «Mi sono abituata a fare i sacrifici fin da piccola. Stare lontana dalla mia famiglia è stato il più difficile. Ma anche oggi noi atleti abbiamo una vita molto disciplinata. Non possiamo uscire, non possiamo andare a ballare, nè mangiare schifezze: dobbiamo sempre fare attenzione con il peso. Certo, anche noi abbiamo i nostri momenti liberi, ma non possiamo esagerare».
Forse la boxe è sempre stata nella sua vita, doveva solo incontrarla. «Da bambina con l'altro sesso non c'era distinzione. Nel quartiere tenevo testa ai maschi e così è stato anche quando sono cresciuta». Un buon allenamento che le è servito per volare leggera controvento: «Ancora c'è il pregiudizio sul fatto che una donna possa fare uno sport di combattimento». Lei comunque questi pregiudizi li ha messi a tacere uno dopo l'altro. Dalla prima vittoria ai mondiali Juniores 2012 fino agli Europei del marzo scorso, ha inanellato una serie impressionante di risultati positivi. Anche se quando non è riuscita a portare a casa una medaglia da Rio 2016 ha pianto. «Quel momento è una cicatrice aperta. Avrei voluto vincere l'oro ma ho trovato un'atleta che in quel momento era più allenata e preparata di me. Ho imparata che la preparazione non basta mai, che anche quando ti senti pronta al massimo devi dare ancora di più. Le sconfitte comunque fanno parte della vita e, alla fine, se le vivi in un certo modo non perdi mai: o vinci o impari».

E di cose Irma, attraverso la boxe, nella ha imparate tante. «Sono vissuta nei vicoli di Torre Annunziata che non sono certo famosi per lo sport. Sono cresciuta con l'idea che la criminalità era la normalità. Poi, grazie al mio maestro, sono uscita da quei vicoli. Ho capito che si poteva vivere in maniera diversa, c'era la legalità, il fare bene agli altri. Con il mio maestro andavo in città dove non si trovava un pezzo di carta per terra. Lui mi spiegava che anche gettando la sporcizia a terra facevo parte di un circolo vizioso e sbagliavo anche io. Il mio maestro è stata la mia forza». Quanto cammino da quei vicoli: ora quando Irma non è sul ring indossa la divisa della Polizia di Stato.
Cosa pensa del suo corpo Irma? «Negli anni ho imparato a sentirlo, ad ascoltarlo. Lo conosco alla perfezione. So quando sono stanca, quando posso spingere. E' un bellissimo rapporto. Quasi ci parlo. Prima di fare sport non mi accettavo. Non mi piacevo. Mi sentivo troppo alta, pensavo che non avrei mai potuto mettere i tacchi. Ora penso "questo è il tuo corpo e più lo ami più ti vuole bene"». Tanta saggezza, anche quando parla di sentimenti e di violenza contro le donne. «Anche la donna più forte davanti all'amore si acceca e rischia di subire tante cose se non ha trovato la persona giusta. Io potrei dare un bel cazzotto al mio uomo se mi picchiasse ma quando c'è l'amore non lo fai. Ti abitui alla violenza quasi fosse pane quotidiano. Invece non bisogna subire. Alla prima violenza subita bisogna fermarsi. Non è facile trovare la forza di parlare e denunciare ma va fatto. Anche io mi sono chiesta come reagirei in queste situazioni, cosa fare. E mi sono risposta che bisogna amare prima di tutto noi stesse. Prima ancora dell'uomo che abbiamo a fianco. Questa è la risposta che mi sono data».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA