Campidoglio, paralisi assenze: 32 giorni a testa oltre alle ferie

Campidoglio, paralisi assenze: 32 giorni a testa oltre alle ferie
di Fabio Rossi
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Lunedì 8 Luglio 2019, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 19:43

I dipendenti capitolini si ammalano di più, con un tasso di assenze per malattia che si è impennato del 20 per cento in un anno e addirittura del 31 per cento dal 2015: l’ultimo anno della precedente amministrazione, prima dell’approdo di Virginia Raggi a Palazzo Senatorio. Tanto che, nonostante la diminuzione dei lavoratori impiegati al Comune di Roma - nel 2018 sono scesi da 23.881 a 23.224 - il numero complessivo di assenze (escluse le ferie) è aumentato da 653.989 a 752.104 giorni totali in un anno. Ancora più impressionante il confronto con il 2015, quando la cifra totale era ferma a quota 579.850.

Il trend negativo delle assenze va inevitabilmente a ripercuotersi sul funzionamento della macchina amministrativa e quindi sulla vita dei romani: dai tempi biblici per ottenere una carta d’identità alla carenza di giardinieri per la manutenzione di alberi e verde pubblico, un tasso alto di assenze rende oggettivamente difficile migliorare i servizi ai cittadini. Durante l’anno scolastico, tanto per fare un esempio, negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia comunali mancano all’appello circa 200 maestre, che vengono sostituite con fatica e spesso in extremis. Con tanti saluti alla continuità didattica, in un età molto delicata per lo sviluppo dei bimbi.

A preoccupare sono soprattutto le assenze per malattia: nel 2015 furono complessivamente 214.525, ma già nel 2017 erano salite a 258.332 fino a toccare quota 311.295 nel 2018. Un dato che, ovviamente, trascina verso l’alto il numero totale di dipendenti assenti, in media, ogni giorno, cresciuto del 15 per cento nell’ultimo anno e di quasi il 22 per cento dal 2015. In salita vertiginosa anche le assenze per «altri permessi» (come quelli per impegni sindacali), cresciuti del 24,5 per cento nell’ultimo anno solare. In lieve aumento pure i permessi per l’assistenza a familiari disabili, per la legge 104: più 6 per cento nel 2018.

«Il clima è cambiato, negli ultimi anni, e forse alcuni dipendenti “furbetti” avvertono un minore rigore nei controlli». Lo sfogo di un dirigente di Palazzo Senatorio si riferisce soprattutto alla riforma del salario accessorio dei lavoratori del Comune di Roma. Dopo la bocciatura, da parte degli ispettori del ministero dell’Economia, del vecchio sistema basato sui bonus pagato “a pioggia” - indipendentemente dal merito del singolo dipendente - nel 2014 l’ex sindaco Ignazio Marino aveva tentato una decisa correzione di rotta, legando gli extra ai risultati ottenuti da ogni singolo dipendente e scoraggiando così l’abuso di certificati di malattia e permessi vari. Ma la soluzione del chirurgo era stata prima bocciata da un discusso referendum tra i dipendenti comunali, poi completamente riscritta dall’amministrazione pentastellata, fino ad annacquarla in buona parte.

Così come è finito su un binario morto il protocollo d’intesa firmato il 10 marzo del 2015, dopo un incontro in Campidoglio, tra Marino e l’allora presidente dell’Inps Tito Boeri. L’accordo prevedeva un’analisi approfondita del database delle assenze del dipartimento Personale dell’amministrazione comunale che avrebbe dovuto essere scandagliato da una commissione di esperti dell’Inps, con l’obiettivo di avviare una serie di controlli mirati. Con visite fiscali per la prima volta anche nei fine settimana, di cui si sarebbe occupato direttamente l’istituto di previdenza. A Roma, peraltro, quasi un’assenza per malattia su 3 (30,8 per cento) ha la durata di una sola giornata tra i dipendenti pubblici, statali compresi: proprio la tipologia che crea maggiori problemi all’organizzazione del lavoro al Comune di Roma e contro la quale si puntava a intensificare i controlli. Ma, almeno fino a oggi, non se ne è fatto nulla.
 

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