Piazza Venezia, una ferita aperta: quattro anni d’attesa con i fondi pronti

Piazza Venezia, una ferita aperta: quattro anni d’attesa con i fondi pronti
di Simone Canettieri
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Martedì 2 Luglio 2019, 00:15
Gli scherzi della storia. La piazza dove venne annunciata «l’ora delle decisioni irrevocabili», nel 2019 è il simbolo romanissimo dello stallo. «Del tutto da rifare», «ci siamo quasi, anzi no», «siamo in dirittura d’arrivo, vediamo». Forse, chissà, Boh. Di rinvio in rinvio. Benvenuti a piazza Venezia dove da 4 anni il Comune di Roma ha in pancia 5,6 milioni di euro di fondi statali per riqualificare il manto stradale, ma non riesce a spenderli. Il cantiere non parte, strozzato da una burocrazia pesante come un elefante e cattiva come un’ape. Eppure non sarebbe un’operazione di alta ingegneria cibernetica: togliere i sampietrini, inserire una lingua di cemento, rimettere i sampietrini. Stop. Questione di civiltà: lo “slargo” in questione, tra l’Altare della Patria e il Corso, è l’incubo di tutti gli ammortizzatori di scooter, moto e auto. Un incubo, un pericolo. Per questo motivo nel 2015 si decise di inserire la riqualificazione di piazza Venezia nel pacchetto di lavori per il Giubileo straordinario. Richiesta del Comune di Roma (sindaco Ignazio Marino), sì del Governo. Stanziamento da 5,6 milioni di euro. Bene, nel frattempo la Porta Santa è stata richiusa, Marino ha lasciato il posto al commissario prefettizio Francesco Tronca, Virginia Raggi è sindaca da tre anni, ma nulla si è mosso.

Mentre scriviamo, si è arrivati al sorteggio della settima commissione comunale chiamata ad aprire le buste e affidare l’appalto. Tutte le precedenti, per un motivo o per un altro, sono morte in culla. Dal Campidoglio un po’ sorridono, un po’ si vergognano. E quindi al dipartimento Simu (Sviluppo infrastrutture e manutenzione Urbana) mettono su la faccia di Nino Manfredi: «Fusse che fusse la vorta bbona?!». Per gli amanti del genere: il cantiere dovrebbe partire a fine anno. Con la possibilità così di spegnere la sesta candelina di inerzia capitolina. Tanti auguri, a te.

Ma come si è arrivati a questo (non) punto? Tutte le volte che il Comune di Roma ha provato a mettere in fila, con sorteggio, i membri della commissione giudicante è successo un inghippo. Tipo: una volta il presidente designato rifiuta l’incarico, mentre uno dei sorteggiati risulta in pensione da settembre 2016. Oppure, altro giro: uno dei “prescelti” manifesta la propria indisponibilità a ricoprire l’incarico. «Non me la sento». Si riparte. Ancora rifiuti da parte dei dipendenti. Paura di ricorsi o di rispondere in solido? Non si sa, nel dubbio si tronca e si sopisce. L’appalto non vede la luce. A un certo punto, la sindaca Raggi, abbastanza inerme davanti a questo andazzo, prova a fare le voce grossa: «Basta, il presidente della commissione lo prendo esterno, un professionista fuori dagli uffici comunali». Ma poi il bando, la burocrazia, i sindacati frenano. 
E così si continua a sbagliare con costanza: il quarto sorteggiato pesca il funzionario giusto, ma senza requisiti per guidare la commissione. Raggi non demorde, siamo nel 2018, e il Campidoglio fa un altro giro di giostra. Ok è il l’uomo giusto? Non proprio: l’Anac visiona i nomi della squadra e scopre che il vincitore è coinvolto in un’indagine per tangenti sugli appalti per le buche in VI Municipio. Nel dubbio meglio lasciar perdere, no? E si arriva alla sesta chiamata (a vuoto), fino all’attuale giura. «Piazza Venezia? Siamo in dirittura d’arrivo», dicono a Il Messaggero dal Comune, sicuramente dopo una lunga serie di gesti scaramantici. Nel frattempo, piazza Venezia è quella che tutti - romani e turisti - conoscono: un campo minato, con segnaletica sbiadita. Una lunga teoria di buche e sampietrini sconnessi. Se tutto andrà, come non è andato finora la piazza, sarà pronta - da appalto - nel 2022. A ridosso del prossimo Giubileo (2025). Spes ultima dea, certo.
 
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