Trump: dovremmo avere Draghi alla Fed invece che Powell. E attacca Google e Facebook

Donald Trump
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Mercoledì 26 Giugno 2019, 16:38 - Ultimo aggiornamento: 19:13
Jerome Powell l'«ho creato io» e ora lo «cambierei per Mario Draghi». Donald Trump torna ad attaccare il presidente della Fed che ritiene, se volesse, di avere tutto il «diritto di licenziare».

In una intervista a tutto campo a poche ore dal G20 del Giappone, la furia di Trump si scaglia anche contro i social media «democratici» che cercano di manipolare le elezioni del 2020 e complicargli la strada per veicolare il suo messaggio. «Gli Stati Uniti dovrebbero fare causa a Google e Facebook, forse lo faremo» dice ai microfoni di Fox, criticando la commissaria alla concorrenza europea, Margarethe Vestager, per il pugno duro usato con le grandi aziende tecnologiche americane. «Odia gli Stati Uniti, li odia più di chiunque abbia mai incontrato», spiega Trump.

Secondo l'inquilino della Casa Bianca gioverebbe «avere Draghi» alla Fed invece che Powell, e questo perché il presidente della Bce ha aperto a nuovi stimoli all'economia qualora fossero necessari. Stimoli che solo nelle scorse settimane Trump ha bollato coma manipolazione di valuta in quanto in grado di avvantaggiare «ingiustamente» l'Europa contro gli Stati Uniti. Ora però Trump l'apertura di Draghi a scendere in campo a sostegno dell'economia la vorrebbe dal presidente della Fed, impegnato invece ad «aspirare denaro come un'aspirapolvere» con il piano di riduzione del bilancio. Powell è un «ragazzo di cui nessuno aveva sentito parlare prima. Io l'ho creato e ora lui vuole mostrare quanto è duro», aggiunge il presidente americano, criticando i rialzi dei tassi decisi dalla banca centrale americana nel 2018.

Con le sue ripetute critiche Trump sceglie di ignorare il cambio di rotta della Fed, pronta a tagliare i tassi forse già in luglio alla luce delle persistenti incertezze, molte delle quali create dallo stesso Trump con la sua guerra commerciale. Proprio su questo fronte il presidente americano non molla: «Ho un piano B» qualora non ci fosse un accordo con la Cina, dice. E il piano include nuovi dazi, forse «non al 25% ma al 10%».

L'ira di Trump non travolge solo Powell. Nel mirino finiscono anche le aziende tecnologiche «faziose» e «tutte
democratiche». Il presidente se la prende soprattutto con Google e Facebook, nei confronti delle quali gli Stati Uniti potrebbero presentare un'azione legale. Il tycoon non specifica i motivi della causa, ma il solo paventarla aumenta il pressing sulle big tech già criticate dal Congresso e 'candidatè a possibili indagini antitrust da parte del Dipartimento di Giustizia e della Federal Communications Commission. 

 
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