Intervista a Riccardo Muti: «Chi guida deve servire i cittadini, nell’ora del declino si rileggano Orazio»

Intervista a Riccardo Muti: «Chi guida deve servire i cittadini, nell ora del declino si rileggano Orazio»
di Simone Canettieri
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Giovedì 20 Giugno 2019, 00:45 - Ultimo aggiornamento: 15:28

«Da uomo di lettere tutte le volte che vedo o mi raccontano lo stato in cui versa Roma mi tornano in mente le parole di Orazio: o sole che dai la vita, che con il carro lucente mostri e celi il giorno, e che vecchio e nuovo risorgi, possa tu mai vedere nulla più grande della città di Roma. Alme Sol! Possis nihil urbe Roma visere maius. Questi versi dovrebbero essere presi come bussola, come riferimento sociale e politico per chi amministra. Purtroppo non è così». 
La premessa del maestro Riccardo Muti è piena di rammarico, di triste consapevolezza della realtà, per lo stato in cui versa la Capitale: una città dove Muti è vissuto e dove ha lavorato fino al 2014 al Teatro dell’Opera. Un palcoscenico internazionale, la sua finestra sul mondo. E viceversa. Storia di un rapporto anche difficile, ma denso appunto di sensazioni ed emozioni. 
Maestro Muti, Roma muore. E dopo 3 anni a guida M5S la situazione è drammaticamente peggiorata.
«Non vivo a Roma da diversi anni, ma mi viene riferito da persone autorevoli che la città è in declino e che vive una condizione di prostrazione. Diciamo “Relata refero”, come si suol dire in questi casi».
Ed ecco che ritornano le parole di Orazio che citava prima. Uno sprone, ma anche un monito che sembra ormai essere caduto nel vuoto. Quale spiegazioni si dà? Perché la Capitale sembra incapace di invertire questa perenne tendenza a “scendere”?
«Rammento sempre ciò che diceva il poeta, versi che dovrebbero essere usati come monito per chiunque amministri Roma».
Appunto, scendendo nel merito, trova che esista un problema di incapacità di classe politica?
«Chi guida la città dovrebbe servire i cittadini, dare loro una vita migliore possibile».
Invece cosa vede?
«La realtà è sotto gli occhi di tutti, purtroppo. Un declino costante, un degrado che sembra non arrestarsi. Anche qui vorrei ricorrere al significato delle parole. Ricordo quando diressi un concerto alla Camera, davanti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano».
Cosa successe? 
«In quella circostanza ragionai sul significato della parola ministro che deriva dal latino minus. Cioè servitore. Manca il senso di disponibilità a favore della comunità in tutti i settori della società. In quell’occasione dissi, con tono scherzoso, che al contrario maestro deriva da magis, che significa di più. In verità l’unico ministro e maestro fu Gesù Cristo».
La mancanza di spirito di servizio verso i cittadini è un problema che supera i confini della Capitale. Ma che a Roma ha il suo epicentro. Siamo davanti a una grande metafora italiana?
«Purtroppo i politici lo dicono solo a parole, ma poi all’atto pratico mancano i risultati, i fatti concreti».
Un tema radicato in tutti i settori della società. 
«Penso al disinteresse in Italia nei confronti degli allievi dei conservatori, alla penuria di orchestre, alla necesità di più teatri aperti. Si vive di annunci, parole senza sostanza».
 

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