«Il mio film sulle spose in Mauritania costrette a ingrassare. Ma anche noi umiliamo i nostri corpi»

Una scena del film "Il corpo della sposa" di Michela Occhipinti
di Maria Lombardi
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Martedì 18 Giugno 2019, 18:48 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 16:22

La madre le porta ciotole di latte o di cous cous a letto, la sveglia. Verida mangia e beve anche se è notte, anche se non ne può più di latte di cammella e cous cous con la carne, anche se l'aspettano altri giorni e altre notte così. Latte e cous cous, ancora e ancora, le mani che portano il cibo in bocca, gli occhi sempre più tristi dietro la ciotola. Finché non sarà ingrassata abbastanza da meritare un marito che non ha scelto. Il corpo di Verida si dilata, ma troppo lentamente, già non le appartiene più. É «Il corpo della sposa», titolo del film di Michela Occhipinti presentato alla sezione Panorama dell'ultimo festival di Berlino e che ieri sera è stato proiettato alla Casa delle donne, a Roma, stasera alle 20 sarà al Cineland di Ostia. Giovedì 20 sarà premiato a Milano alla rassegna "Fuoricinema Fuoriserie" come miglior opera prima.



Il film girato in Mauritania racconta la storia di Verida e di altre come lei condannate a prendere peso prima del matrimonio. Dieci pasti al giorno, questo impone il "gavage", una tradizione che sopravvive ancora nella capitale Nouakchott e soprattutto nei villaggi. L'agiatezza della famiglia si misura con il peso della sposa, arrivare a quel giorno magre è segno di miseria. Verida obbedisce, come hanno fatto sua madre e sua nonna, impossibile sottrarsi senza essere punite. Avvicina la ciotola e manda giù, ma nei sui occhi sopravvive una luce e cresce. Quando incrocia lo sguardo di Sidi, il ragazzo che arriva a casa con la bilancia per pesarla, è turbata. Comincia a provare disgusto, butta il cibo.




In Mauritania il "gavage" per diventare spose grasse e attraenti, qui da noi la fame per dimagrire e obbedire a un modello opposto. Verida non è poi così lontana.
“Il corpo della sposa” (prodotto dalla Vivo Film) racconta di punizioni imposte dalle tradizioni e dalla cultura e nasce da alcune domande. «Quanto siamo libere dai condizionamenti? Quante pressioni esercita la società sui nostri corpi? Mi sono resa conto che noi donne facciamo di tutto per cambiare la nostra immagine: aggiungiamo pezzi e li togliamo, li gonfiamo, stiriamo le rughe con l'obiettivo di soddisfare canoni estetici diversi in ogni paese. Quando ho letto anni fa del "gavage" in un piccolo articolo, ho pensato: sono matte. Ma poi ho riflettuto: in fondo facciamo anche noi la stessa cosa, non è importante il risultato finale, non è la forma che conta ma il percorso di sofferenza e sacrificio che ci infliggiamo. La Mauritania è stata come uno specchio, da una parte c'era Verida e dall'altra parte io. Facciamo la stessa identica vita, ci mortifichiamo. Io voglio togliermi le rughe e lei vuole ingrassare, ovvio che la mia sofferenza è minore ma entrambe accettiamo imposizioni di modelli estetici e culturali».



I viaggi in Mauritania, per preparare il film e scoprire il paese. «Pieno di contraddizioni, c'è una commistione tra modernità e tradizione. Tutte le ragazze hanno lo smartphone, ci sono quelle che cercano di spezzare la catena e quelle che ingrassano prima di sposarsi. Sono entrata in molte case, ho conosciuto tantissime donne, in ogni famiglia c'era una moglie che aveva fatto il "gavage". Nelle città lo pratica ancora il 15, 20 per cento delle donne, nei villaggi il doppio. La stessa Verida, la protagonista del film, si è sposata a 16 anni e lo ha fatto. Poi si è separata, perché lì si divorzia con grande facilità, e questa è un'altra contraddizione. Si accetta un sacrificio così grande, quello di mangiare tutto il giorno per piacere allo sposo, al primo matrimonio. Quando si risposano per la seconda o terza volta, non lo devono fare più.

L'incontro con Verida. «L'ho conosciuta durante il mio primo viaggio. Senza di lei non avrei potuto fare questo film. Nei suoi occhi ho visto malinconia e insieme vivacità, c'era qualcosa di selvaggio nel suo sguardo. Nel film, che da settembre sarà anche nelle sale in Francia, accetta quello che le viene imposto dalla famiglia, abituata a rispettare padre e madre. Poi la ribellisione sale attraverso il corpo e alla fine Verida si libera dalla sua immagine».








 

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