Claudio Strinati

Lo schiaffo a Roma/ L’idea Paese da salvare con la riforma dei musei

di Claudio Strinati
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Martedì 18 Giugno 2019, 00:00
Il Ministro dei Beni Culturali Bonisoli intenderebbe togliere ad alcuni istituti museali italiani la prerogativa dell’autonomia in larga parte conseguita sotto il dicastero Franceschini. Questo ha provocato la reazione sdegnata di personalità esperte e competenti che è dunque necessario ascoltare. Il Sindaco di Firenze Nardella in particolare ha biasimato il provvedimento che colpirebbe anche un museo del livello delle Gallerie dell’Accademia.
I Musei autonomi sono ormai diventati il motore del Ministero e sono in un certo senso il fiore all’occhiello della riforma Franceschini che ha anche permesso, sia pur tra roventi polemiche, l’ inserimento di Direttori stranieri nel gruppo dei nuovi Dirigenti.

E non capisco bene, almeno al vaglio delle prime notizie ancora imprecise e incomplete, perché si debba smantellare, sia pure in parte, una cosa buona e giusta (a parer mio, beninteso) attuata dalla riforma Franceschini visto che i risultati conseguiti non sembrano affatto cattivi come ben dimostrano gli esempi di Sylvain Bellenger a Napoli, di Eiche Schmidt a Firenze, di James M. Bradburne a Milano. L’errore di smontare una riforma che funziona non sembrerebbe la migliore applicazione di quel principio sacrosanto del cambiamento sulla cui base l’attuale Governo si è insediato e sta lavorando. La realtà attuale sembra dimostrare come l’autonomia dei Musei maggiori abbia generato buonissime conseguenze sul piano culturale, amministrativo e finanziario.
Nondimeno penso fermamente che non sia nemmeno giusto essere a priori contrari a innovazioni che possano anzi debbano migliorare le cose. Bisogna solo chiedersi onestamente se sia questo il caso o meno, augurandoci che si possa avviare nell’occasione un civile dibattito e non una delle consuete risse ricattatorie tra fazioni di potere, caratteristiche, mi pare di notare, di ben altri comparti della vita pubblica con grave danno generale. 

<HS9>L’altro problema che si profila accanto a quello dell’autonomia dei Musei, è la temuta perdita di centralità di Roma nell’ambito di questo progetto ministeriale là dove la strada maestra è invece quella di un rafforzamento di quell’accordo specifico (che dovrebbe essere una sorta di logica appendice al contratto di Governo) tra Stato e Ente locale riservato alla peculiare gestione e protezione del patrimonio culturale della città eterna, come emerge sempre più chiaro nella complessa questione del Parco del Colosseo la cui natura giuridica non può che essere indirizzata verso una omogenea e organica politica di gestione che mantenga certamente gli assetti proprietari prescritti dalla tradizione, ma rendendoli compatibili con le esigenze di una politica che veramente possa definirsi di cambiamento..

Ma in realtà questo andirivieni di riforme, controriforme, cambiamenti, accorpamenti il portato inevitabile della storia del Ministero stesso. La sua nascita fu gravata, per così dire, da una sorta di peccato originale che si è sempre portato dietro e non ha mai trovato un Redentore capace di sciogliere il nodo gordiano delle sue origini malgrado la presenza nel corso degli anni di personalità messianiche e dotate di spirito profetico e visionario. Nardella lo ha notato quando afferma che in ogni caso il Ministero sta pensando di istituire una nuova Direzione Generale quella dei Contratti, tanto per accentuare quella grottesca deformazione burocratica che ha continuato a moltiplicarsi in una specie di vera e propria metastasi.

Il Ministero nacque nel 1974 per Decreto Legge su afflato nobilissimo di personalità tardo risorgimentali (Giovanni Spadolini prima di ognuno) che avvertivano l’ apparente scandalo che in un Paese come l’ Italia detentore massimo di beni culturali a questo mondo, non ci fosse un Ministero apposito. Così fu preso un pezzo di Pubblica Istruzione (la Direzione Generale Antichità, Belle Arti, Accademie e Biblioteche) un pezzo di Ministero dell’Interno (Archivi di Stato) un pezzo di competenze della Presidenza del Consiglio (non subito, l’Editoria) e fu creato l’unico Ministero che avesse il “per” nella dicitura. Fino a quel momento si riteneva che il patrimonio artistico nazionale e le biblioteche fossero fattore essenziale di formazione e identità del popolo italiano (si pensava anche che esistesse un popolo italiano così come pronunciato in Costituzione). Musei, Biblioteche, luoghi monumentali andavano tutelati e rispettati onde fungessero da educatore primario di una Nazione peculiare come l’Italia. Poi è passato il tempo. Al Ministero per i Beni culturali e ambientali ( dicitura originaria) è stato aggiunto il Turismo, poi è stato aggiunto lo Sport, fattore primario di formazione, benessere ed educazione del cittadino.
<HS9>Poi lo Sport è stato tolto, poi è stato tolto il Turismo. Poi sono stati meglio inseriti il Cinema, il Teatro, lo Spettacolo all’aperto e altre cose.

A questo punto la proliferazione era inevitabile. Chi stabilisce allora se il Museo delle civiltà all’ Eur è degno di essere autonomo, lo è il Castello di Miramare a Trieste e non la pinacoteca nazionale di Bologna? Ma quali sono i poteri effettivi e propri del dirigente del Museo autonomo? Quale il suo rapporto col Ministero centrale? Purtroppo la verifica dei poteri è sempre incerta e intanto crescono gli Uffici, i controlli, i Direttori generali e sempre meno è chiaro chi comandi legittimamente e chi no.
Il Ministro deve affrontare e risolvere questo tipo di problemi: la politica di tutela e la legittimazione delle competenze e del legittimo potere. Risolto questo va tutto a posto.
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