Valanga travolge 4 italiani in Pakistan: «Sono vivi». Ma i soccorsi partiranno domani

Valanga su 4 italiani in Pakistan: «Sono vivi». Ma i soccorsi partiranno domani
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Lunedì 17 Giugno 2019, 14:55 - Ultimo aggiornamento: 19:56

Travolti da una valanga che si è staccata nella zona dell'Hindu Kush, in Pakistan, quando gli alpinisti erano ad appena 500 metri dalla vetta di una montagna inviolata. L'incidente ha interessato quattro italiani, che se la sono cavata con qualche frattura e un grande spavento. Uno scalatore pachistano invece è morto. Tra i feriti c'è Tarcisio Bellò, il capo spedizione. 

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L'incidente è avvenuto nelle prime ore del mattino, a quota 5.300 metri nella valle di Ishkoman, nel distretto di Ghizer. L'esercito pachistano sta organizzando una missione di soccorso che però non partirà prima di domani a causa delle condizioni meteo e della lontananza della base dal luogo dell'incidente.




Gli elicotteri dell'esercito pachistano oggi non sono riusciti a raggiungere la zona della valanga, anche se hanno avvistato il gruppo. Le condizioni meteorologiche non sono ottimali e la base della città di Skardu si trova a circa 300 chilometri: i militari devono dunque organizzare i rifornimenti di carburante lungo la rotta. Martedì è previsto un nuovo tentativo da parte delle squadre di soccorso. 



​Della spedizione fanno parte anche Luca Morellato, di Quinto Vicentino (Vicenza) come Bellò, Tino Toldo di Caltrano (Vicenza) e Davide Bergamin di Castelfranco Veneto (Treviso), oltre a tre pachistani: Nadeem, Shakeel e Imtiaz, quest'ultimo l'unica vittima. La vetta di 5.800 metri a cui il gruppo puntava sarebbe stata ribattezzata con il nome Lions Melvin Jones Peak: una dedica al fondatore del gruppo Lions che supporta Bellò nel progetto umanitario che porta avanti da 13 anni nel paese di Ghotolti (Pakistan). Qui sono stati già realizzati un pozzo e un ponte per raggiungere il paese e il prossimo obiettivo è di costruire una scuola per formare guide alpine pachistane. 

La montagna era stata individuata nel 2017 da Francesco Rota Nodari, alpinista bergamasco che ha perso la vita a 40 anni nel marzo 2018 in val Camonica. Proprio a lui e all'amico Daniele Nardi, morto a febbraio insieme a Tom Ballard sul Nanga Parbat nel tentativo di conquistare lo Sperone Mummery, sarebbe stata dedicata l'impresa. Arrivata in Pakistan a inizio giugno, la spedizione aveva allestito il campo base a 3.650 metri e il campo 1 a 4.550 metri. Bellò è un veterano delle pareti di mezzo mondo, mentre per il giovane Morellato, appena ventiduenne, questa è la prima spedizione. Da subito il gruppo ha dovuto confrontarsi con le forti nevicate, che hanno provocato le valanghe nell'area. Già l'8 giugno c'era «molta neve per le frequenti precipitazioni di queste ultime settimane», scriveva Bellò sui social. 
 

 

«Abbiamo raggiunto un colle di 4980 metri sulla cresta tra il Lions Melvin Jones peak e il Pusdan peak che ne cela la vista dal fondovalle.
Forse abbiamo individuato un passaggio per il grande corridoio di ghiaccio collegato alla vetta», raccontava il giorno seguente. La sera di mercoledì scorso, 12 giugno, «la coda della perturbazione oltre a molta pioggia ci ha fatto una bella sorpresa con 10 cm di nevicata anche al campo base». Nel post di venerdì, 14 giugno, l'alpinista spiegava che «nel pomeriggio ha ripreso nevicare, se coprisse di nuovo le tracce sarebbe un bel problema». Secondo le poche notizie trapelate dal Pakistan, i quattro alpinisti italiani non sarebbero in grave pericolo anche se la notte a oltre 5.000 metri di quota in attesa dei soccorsi non è uno scherzo.

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