Franco Zeffirelli e quell'amore viscerale per la Fiorentina che lo portò anche in Tribunale

Franco Zeffirelli e quell'amore viscerale per la sua Fiorentina
di Mario Tenerani
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Sabato 15 Giugno 2019, 18:49 - Ultimo aggiornamento: 18:50
Potevi toccargli tutto, tranne Firenze e la Fiorentina. Franco Zeffirelli, cittadino del mondo, aveva un senso di appartenenza per la città fortissimo. «L’amavo così tanto da volerla sposare…». L’amore per la Fiorentina era cominciato presto e mai tradito.

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In ogni parte del pianeta in cui si trovasse, Zeffirelli non perdeva mai di vista i viola: si informava sul risultato, su come procedevano le cose, sui più o i meno di una squadra che aveva dentro come un organo vitale. Da bambino l’aveva vista giocare nel campo di via Bellini, erano i tempi eroici del centravanti Pedro Petrone, e dopo aveva visto inaugurare lo stadio che a quel tempo, alba degli anni Trenta, si chiamava Giovanni Berta. Diventato poi Comunale, fino ad arrivare all’attuale Artemio Franchi.

Sembra che proprio a causa di quell’impianto - ora monumento nazionale come molte opere dell’architetture del ventennio - iniziò la sua storica avversione per la Juventus. Zeffirelli raccontava di aver letto un commento caustico arrivato da Torino: «Troppo grande quello stadio per una provinciale…». Provinciale a chi, aveva pensato un giovanissimo Franco nella sua fierezza di fiorentino autentico. 

L’odio sportivo scoppiò definitivamente molti anni dopo. L’Italia se ne accorse negli anni Ottanta quando una grande Fiorentina, guidata in panchina da Picchio De Sisti - con 5 giocatori che dopo quella stagione sarebbero diventati campioni del mondo in Spagna - contese fino alle trentesima e ultima giornata la scudetto alla Juventus: viola e bianconeri arrivarono a Cagliari e Catanzaro con 44 punti a testa, ma nel finale un rigore solare non concesso ai calabresi e un gol inspiegabilmente annullato a Graziani in Sardegna, scatenarono polemiche incendiarie. I viola pareggiarono, la Juve vinse e con un solo punto di vantaggio si aggiudicò il campionato. Firenze fu invasa di adesivi “meglio secondi che ladri” e Zeffirelli ingaggiò un duello verbale con Boniperti, scagliandosi contro il potere bianconero degli Agnelli.

Volarono parole grosse e querele pesanti: da allora tra il Maestro e la Vecchia signora fu “guerra” totale. Per la cronaca il momento più aspro fu 8 mesi dopo quando le dichiarazioni al vetriolo di Zeffirelli finirono in tribunale. Era il gennaio ’83, la Roma stava volando verso il suo secondo scudetto e il Maestro fu intervistato da Raffaello Paloscia, firma prestigiosa de La Nazione. Queste le virgolette: «La squadra della Juventus ha vinto una buona metà dei suoi scudetti con la benevolenza e i pasticci arbitrali, quindi farebbero bene i responsabili della Roma a diffidare della Juventus e a ricordarsi fino all’ultima domenica di campionato di quel che è accaduto alla Fiorentina il 16 maggio1982: avevamo lo scudetto in pugno e ci è stato tolto con un atto di brigantaggio. I misfatti di Catanzaro e Cagliari sono stati immortalati dalle moviole». 

La reazione della Juventus fu durissima, la vicenda si concluse in tribunale a Milano il 28 febbraio 1985: Paloscia fu assolto, mentre Zeffirelli fu condannato a risarcire una somma di 30 milioni di lire. Zeffirelli con l’animo del fiorentino vero, temperamento di carta vetrata, ribelle per natura. Nello scontro verbale lui si trovava come sul divano della sua meravigliosa villa romana. 

Il regista ha amato tutti i giocatori della Fiorentina, ma nel suo cuore un posto particolare lo ha sempre avuto Giancarlo Antognoni, icona dei tifosi viola, modello di classe ed eleganza, canoni certamente cari al modo di essere e di pensare di Zeffirelli.

La Fiorentina del neo presidente Commisso lo ha ricordato sul sito ufficiale: «Tutta la Fiorentina piange la scomparsa del grande Maestro Franco Zeffirelli. Genio fiorentino del teatro e del cinema e grande tifoso della viola». Poi le parole di Rocco Commisso: «Le mie più sentite condoglianze per la scomparsa di un grande uomo».

Franco Zeffirelli riposerà a Firenze nel cimitero delle Porte Sante, a San Miniato al Monte, nella cappella di famiglia. San Miniato, praticamente al Piazzale Michelangelo, è il luogo forse più amato dai fiorentini perché c’è una vista mozzafiato sulla città. L’ultimo desiderio del Maestro è stato quello di essere tumulato lì. 
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