I Pagliacci di Zeffirelli in Oman: un linguaggio universale di emozioni e colori

Pagliacci di Zeffirelli in Oman a febbraio nel 2018
di Simona Antonucci
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Sabato 15 Giugno 2019, 15:30

Il carrozzone dei Pagliacci di Leoncavallo, con la regia di Franco Zeffirelli, si è spinto, a marzo del 2018, nel cuore dell’Oman. Nella Royal Opera House, il più importante teatro d’opera del Golfo. E fu un trionfo. Un lunghissimo applauso accolse lo spettacolo con la regia del Maestro, l’orchestra e il coro del Teatro dell’Opera di Roma, diretti da Paolo Olmi nella prima tournée nei Paesi arabi del lirico capitolino.

Zeffirelli, una carriera lunga 70 anni. Poco prima di morire disse: «Ho ancora sogni nel cassetto»

Il dramma d’amore, gelosia e sangue, capitolo fondamentale del verismo italiano in musica, si confermò così, grazie ai colori, i costumi e la lettura del regista, appena scomparso all'età di 95 anni, dopo 70 di carriera internazionale, patrimonio dell'umanità, capace di parlare un linguaggio universale. Un esperanto che emozionò popoli e spettatori distanti mille miglia dalla nostra cultura.

Il sipario si aprì sulle mille sfumature delle scene pensate da Zeffirelli nel 1992 per il Costanzi e sui costumi disegnati da Raimonda Gaetani, sua storica collaboratrice, che li curò anche in quell'occasione. Immagini e note andarono dritte all’emozione, creando ponti inediti e inventando una tolleranza necessaria e una mediazione possibile.

Le prostitute che il regista aveva voluto al seguito della compagnia di attori ambulanti hanno dovuto allungarsi le gonne e trasformarsi in semplici popolane. Per il resto, tutto da manuale, con Josè Cura, che interpretò l’impervio ruolo del capocomico geloso e tradito, segnando un successo personale davanti a una platea di melomani internazionali. E Davinia Rodriguez, la primadonna contesa, che, insieme con Marco Vratogna, Gezim Myshketa e Francesco Pittari, fecero vibrare il pubblico con i loro amori contrastati, clandestini e maledetti che sfociavano in un vero e proprio femminicidio, evocando un tema difficile, tristemente attuale e universale.

La contaminazione di culture, gusti e tradizione prese forma già nel foyer, tutto in marmi di Carrara con legni pregiati intarsiati come i merletti delle signore, a capo scoperto o velato, in abiti occidentali o arabi, ma tutti con un’aria di gran festa. Fu una serata emblematica, nel nome di Zeffirelli, quasi un simbolo per questa sala araba progettata dal sultano del Paese offrire ai suoi abitanti un varco verso altri mondi. 

 

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