Da Zingaretti a Minchella, alle divisioni nel Pd: Fioroni a 360 gradi. «Ma da qui non me ne vado»​

Da Zingaretti a Minchella, alle divisioni nel Pd: Fioroni a 360 gradi. «Ma da qui non me ne vado»
di Massimo Chiaravalli
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Sabato 15 Giugno 2019, 13:02
Minchella fuori dal Pd? «Non condivido, è una scelta di cui si assume la responsabilità». Il partito a Viterbo? «Non si vince facendo a meno degli altri». A proposito, Giuseppe Fioroni resta un dem? «Mi hanno dato sempre in uscita ma non me ne vado. Al limite mi cacciano». L’ex ministro a 360 gradi: dalle elezioni agli addii, tra messaggi diretti e altri più velati. E non manca un pizzico di mea culpa, giusto accennato.

Partiamo da Minchella, una dei suoi, uscita sbattendo la porta...
«Si può comprendere il disagio – dice Fioroni - ma politicamente non condivido. Ci possono essere varie motivazioni e sofferenze, è però una scelta personale che ricade sotto la responsabilità di chi le prende».

Eppure il Pd non vive il suo momento migliore.
«L’unico errore che Astorre, il commissario, non può compiere è mettere la testa sotto la sabbia, pensando che si possa fare finta di nulla. I dati delle elezioni europee nella Tuscia in percentuali, voti assoluti e preferenze danno un quadro non soddisfacente, paragonando la nuova situazione politica della lista allargata realizzata da Zingaretti alle precedenti tornate politiche e regionali. Una controtendenza, sotto la media nazionale. I risultati delle amministrative aggravano la situazione con una sconfitta pesante».

Ma Fioroni punta all’unità?
«Partendo da queste macerie il commissario dovrà lavorare per ricostruire le ragioni dello stare insieme di una comunità profondamente divisa e frammentata. Senza fare processi a nessuno o indulgere a guardare indietro. Mi limito a guardare al futuro. Il Pd deve tornare a parlare ai cittadini di temi che sentono sulla propria pelle, dalla salute allo sviluppo compatibile, dalla crescita al lavoro, con un progetto credibile per il nostro territorio».

Sì, ma come?
«Serve un partito che faccia notizia e costruisca l’unità sulle cose che vuole realizzare e non per i posti o le liti. Ma soprattutto chiunque avesse pensato che un partito chiuso, ristretto, gestito da una sola parte fosse in grado di vincere facendo a meno degli altri deve capire che così non è. Le regionali si sono vinte perché tutto il partito è stato ventre a terra. Può essere difficile, ma se non si ricostruiscono le ragioni di una unità di intenti, superando arroganze e protervie, il Pd qui rischia di diventare un piccolo partito ininfluente nelle vicende politiche e non salvabile neppure con alleanze contro natura».

Usa il plurale, quindi quando si litiga la colpa è da entrambe le parti.
«Sono stato tra coloro che hanno costruito il Pd 12 anni fa: penso a confronti aspri, ad esempio col senatore Sposetti. Ma alla base c’era sempre la politica per un progetto nell’interesse del Viterbese. Questo spirito è ciò che serve per tenere vivo il Pd della Tuscia».

Ma in buona parte sono però i motivi per cui Minchella è uscita.
«Se uno legge la rassegna stampa del Pd nazionale degli ultimi 12 anni – conclude - Fioroni e i popolari sono sempre stati dati in uscita con le valige in mano. Io sono ancora qua e sono membro della direzione nazionale. Nel frattempo ne ho visti uscire tanti. In politica coerenza, costanza e moderazione sono virtù. Io non me ne vado da questo partito: se vogliono mi cacciano».
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