Firenze Rocks, Tool e Smashing Pumpkins: le recensioni dei concerti della prima giornata del festival

Firenze Rocks, Tool e Smashing Pumpkins: le recensioni dei concerti della prima giornata del festival
di Andrea Andrei
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Venerdì 14 Giugno 2019, 11:14 - Ultimo aggiornamento: 11:23

dal nostro inviato
Era dai tempi dell'ormai defunto Heineken Jammin Festival (l'ultima edizione fu nel 2012) che in Italia non si teneva una rassegna di musica rock in grado di coinvolgere più band di rilievo internazionale nell'ambito della stessa giornata. Una formula che invece è riuscita al Firenze Rocks, evento prodotto da Live Nation Italia che nel giro di sole tre edizioni è cresciuto tanto da rendere il capoluogo toscano una tappa di importanti tour mondiali, da quelli dei Radiohead e degli Aerosmith nel 2017 fino a quelli dei Foo Fighters e dei Guns'n'Roses nel 2018. La line-up di quest'anno si è spinta ancora oltre, al punto di raccogliere  nell'arco di quattro giorni nomi come Tool, Smashing Pumpkins, Dream Theater, Ed Sheeran, Eddie Vedder, The Cure, Editors. E l'atmosfera elettrica che si respira alla Visarno Arena di Firenze quest'anno dimostra quanto questa manifestazione sia diventata di ampio respiro. Resta pur sempre la perplessità per la scelta di farla coincidere con Pitti Uomo, altro evento che porta in città migliaia di persone.

Firenze Rocks, i Dream Theater a 20 anni dall’uscita dell’album Metropolis Pt. 2
 

 


DREAM THEATER
Cos'è il metal? Il metal è quella cosa per cui continui a suonare per due ore filate a ritmi forsennati indossando pantaloni di pelle neri in faccia al sole delle cinque di pomeriggio di metà giugno con una temperatura 31 gradi centigradi. Ed eccoli lì i Dream Theater, sul palco della Visarno Arena di Firenze ad aprire ufficialmente le danze di questo Firenze Rocks 2019. La band prog-metal di Boston, che ha più di trent'anni di carriera alle spalle, si è presentata qui sulla scia dell'ultimo album, "Distance over time", il cui nome sembra proprio evocare il passato glorioso di John Petrucci e soci. Ancor di più perché il 2019 segna per i Dream Theater un anniversario importante, il ventennale di "Metropolis Pt. 2: Scenes from a memory", concept album considerato una pietra miliare del progressive metal. Ragione per cui ci si aspettava forse qualche riferimento in più a quel capolavoro nella scaletta, aperta da "Untethered angel" e "As I am".

La band sconta forse un po' l'aver suonato per prima, con il caldo del pomeriggio e il pubblico ancora in fila agli ingressi. John Petrucci e compagni sono chirurgici come sempre, e come sempre si prendono beffa del metronomo lanciandosi in ritmi sincopati a velocità innaturali. Le dita di Petrucci volano sulla tastiera nera di una chitarra ancor più nera, ma il suono esce limpido, quasi trasparente. I colpi forsennati di Mike Mangini alla batteria fanno altrettanto, così come Jordan Rudess dimostra di avere la stessa padronanza della tastiera di vent'anni fa. Solo la voce di James LaBrie risulta a volte un po' appannata. Nonostante gli sforzi però, la performance tende un po' a perdere di smalto man mano che si procede. E dopo "Fall into light", "Barstool warrior" e "In the presence of enemies, Part I", il guizzo arriva proprio con "The Dance of Eternity", brano-manifesto di quel "Metropolis Pt. 2" del 1999, in cui il pubblico abbandona il torpore pomeridiano e si scatena. La parte finale del concerto, dedicata ai vecchi clessici, è la migliore: "Lie", "Pale blue dot" e "Pull me under" chiudono la carrellata. LaBrie e compagni esacono fra gli applausi, ma la giornata è ancora lunga, e adesso si pensa già agli Smashing Pumpkins, che salgono sul palco alle 19.30.

SMASHING PUMPKINS
Un ingresso sepolcrale, come nel loro stile, sulle note della "Sarabande" di Georg Friedrich Händel e sullo sfondo tre enormi totem colorati a incombere minacciosi. Ciononostante è un ingresso quasi calmo, quello degli Smashing Pumpkins, secondo nome di grosso richiamo che si è esibito nel primo giorno del festival Firenze Rocks, dopo i Dream Theater. E fin dal primo momento è lui, il leader Billy Corgan, a canalizzare l'attenzione dei 45 mila della Visarno Arena, in versione vampiresco sacerdote con tanto di tunica e trucco nero attorno agli occhi. Come a ricordare il Corgan del videoclip di "Ava Adore" del 1998, in un'atmosfera dark che da sempre caratterizza la band di Chicago. E in effetti una connessione con quel periodo c'è, perché questa è la prima volta da 18 anni che gli Smashing Pumpkins tornano in Italia nella formazione (quasi) originale, con i fondatori James Iha e Jimmy Chamberlin ad affiancare Corgan rispettivamente alla chitarra e alla batteria. E la loro presenza, sul palco, si sente eccome.

Per la partenza si torna indietro addirittura fino al 1991, con la potenza grezza di "Siva" e il pubblico di Firenze che già si predispone a uno show adrenalinico. Il riff elettrico di "Zero", che si innesca subito dopo, fa sollevare un po' di polverone fra le prime file. Eppure l'atmosfera rimane stranamente rilassata. Si ha quasi l'impressione che i componenti della band si siano appena svegliati. I movimenti sono lenti, e quelli del gigantesco Corgan, che nella sua tunica nera sembra un totem lui stesso, sono più che mai ipnotici. Con "Solara" e "Knights of Malta", i due migliori brani del nuovo album "Shiny and oh so bright Vol.1", gli Smashing Pumpkins mostrano il loro volto più maturo. E neanche a farlo apposta il termine "bright" viene pronunciato sul palco da Iha, chiamato in causa da Corgan perché, oltre a una giacca di paillettes, indossa un paio di occhiali da sole. "It's so fucking bright!" ("è così maledettamente luminoso"), si lascia scappare, per poi chiarire: "Non siamo abituati a suonare di giorno". Ecco chiarito forse il motivo del ritmo blando del concerto.

Nonostante questo, la band ha dalla sua dei brani che sono capaci di entusiasmare anche ascoltandoli da una semplice registrazione, figuriamoci dal vivo. E dopo "Eye", Corgan pronuncia la frase magica che da anni fa scattare pogate furibonde: "The world is a vampire...". Parte "Bullet with butterfly wings", puntualmente il prodigio si avvera e finalmente il pubblico comincia a saltare. Ed è lo stesso pubblico a cantare, al posto di Corgan, il ritornello finale e più potente del brano. In sequenza arrivano "Tiberius" e "G.L.OW.", e poi quello che probabilmente resterà come il momento più intenso del concerto: Corgan prende una chitarra acustica bianca con una grande stella nera disegnata sopra e infila gli accordi inziali di "Disarm". La band entra in una sorta di trance, l'atmosfera, nonostante ci si trovi in un enorme ippodromo, si fa raccolta. Il resto è solo musica, con Corgan a sussurrare le strofe di un pezzo che è una vera e propria perla di emozione. La scena viena invasa dalla luce dorata del tramonto, e il "bright" di cui parlava Iha appare una benedizione.

Poi viene pian piano il buio e anche il palco comincia a cambiare, i totem si voltano e mostrano il loro lato oscuro. Dopo "Superchrist" è la volta del ritmo martellante di "Ava adore". Corgan si muove con flemma ma dimostra di saper mantenere grande empatia con il pubblico. Solo forse sbaglia a pronunciare, nel momento migliore dello show, il nome dei Tool, accolto da un boato che sembra fargli storcere un po' il naso. Si prosegue son un'ottima "1979", poi con "Cherub rock". Poi di nuovo una parentesi acustica con "To Sheila", che conferma come oggi le sonorità più tranquille e riflessive siano particolarmente nelle corde della band. Tanto che Corgan regala al pubblico anche una cover di "Wish you were here" dei Pink Floyd che il pubblico gradisce molto. Il finale è affidato a "The aeroplane flies high (Turns left, look right)". Corgan resta a salutare il pubblico, mentre gli altri abbandonano il palco per lasciare spazio ai protagonisti più attesi della serata.

TOOL
Lo show in un concerto non è tutto. Ma nel caso dei Tool è davvero molto. Se ne sono accorti i 45 mila che erano ieri sera al Parco delle Cascine, che hanno potuto assistere a uno spettacolo di rara potenza. Uno di quelli in cui la musica, le luci e le immagini diventano una miscela esplosiva e totalizzante, e si trasformano in un onda d'urto micidiale. Per la band di Los Angeles, che al Firenze Rocks ha tenuto l'unica data italiana del suo tour europeo, le esibizioni dal vivo sono storicamente un punto di forza, tanto da essere considerate quasi sacre dai suoi stessi componenti. E spesso durante i loro live il pubblico viene invitato esplicitamente a mettere via i telefonini per godere appieno dello show. Il 55enne Maynard James Keenan, leader della band con un passato nell'esercito, è uno dei personaggi più stravaganti del panorama rock mondiale. Incredibilmente eccentrico, quando suona dal vivo si nasconde in una sorta di cono d'ombra che viene appositamente creato per lui sul palco, oltre a una densa barriera di fumo. Con il suo progetto parallelo, gli "A perfect circle" (passati anche per Roma lo scorso 19 dicembre), addirittura a volte si esibisce di spalle. Keenan lascia spazio alla musica, e una cosa è certa: il risultato è davvero impressionante.

Così è stato a Firenze, dove il palco si è improvvisamente acceso sulle note possenti di "Aenima" e con lui il pubblico. La band è scatenata fin dai primi istanti, e lo è ancor di più quando da "The pot" si passa a uno dei brani più famosi, "Parabola". Scatenata eppure immobile e concentrata, mentre attorno inizia lo spettacolo di luci laser e fumo che caratterizzerà tutta l'esibizione, senza mai stancare. Campeggia una grande stella a sette punte e una serie di schermi proiettano immagini distorte, inquietanti, quasi horror, fatte di esseri alieni che ripetono ossessivamente le stesse azioni. Il mix è ipnotico e disturbante, non è come assistere a un normale concerto, i suoni sembrano provenire da altrove. O meglio, sembrano essere fabbricati sul palco, forgiati dagli strumenti e dai muscoli di quattro musicisti poderosi. Il bassista Justin Chancellor tiene la scena regalando assoli e picchiando curvo sulle corde, come un fabbro del rock. Il chitarrista Adam Jones se ne sta avvolto da un cono di luce, determinato e solido. Ma è Danny Carey, 58 anni compiuti a maggio, a dare spettacolo dietro alla sua batteria. È lui il vero Vulcano in questa fucina metal, che dopo "Descending" esplode su "Schism" con una violenza inaudita. Ma è una violenza che fa bene. Sulla terra dell'ippodromo si riversano litri di sudore, provocati da un'iniezione di adrenalina purissima.

I brani, come "Invincible" vengono deformati, allungati all'inverosimile e poi improvvisamente accelerano, precipitano, si schiantano su una platea ipnotizzata. Si passa da "Sweat" e "Jambi" fino al delirio di "46+2". La voce di Keenan non arretra di un metro, si continua dritti su "Vicarious" prima del gran finale, su "Stinkfist". L'onda d'urto si interrompe ma l'energia resta. I componenti della band abbandonano il loro ruolo mistico e si mostrano per quello che sono, quattro amici che si abbracciano e salutano, alcuni portandosi anche i figli piccoli sul palco. Il che contribuisce a rendere tutto ancora più irreale. Più che un concerto, un'esperienza.

Oggi Firenze Rocks continua con atmosfere molto diverse ma con quello che è probabilmente l'ospite più atteso della rassegna.
Il cantautore irlandese Ed Sheeran si esibirà stasera nella tappa del suo tour mondiale che precede quella romana di domenica 16 giugno allo stadio Olimpico e poi quella milanese di mercoledì 19 a San Siro. La sua esibizione sarà preceduta da quelle degli Snow Patrol, di Zara Larsson e Matt Simons. Sono attese 65 mila persone.

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