Poi con gli anni Sessanta e l'ingresso in massa delle donne nel mondo del lavoro il tenere assieme due lavori, casa e professione, ha cominciato timidamente a fare capolino, e sono iniziate le prime elaborazioni per arrivare a correzioni alla legge immutabile che le 'cose' di casa devono essere per forza appannaggio delle figure femminili. Il discorso è andato avanti sotto traccia e non si è mari fermato. Ma poiché le grandi domande che generalmente affiancano i grandi cambiamenti prima o poi affiorano e diventano delle 'issues', dei temi topici, a livello internazionale, ecco che il problema è esploso. Uno degli articoli più letti, popolari e commentati del New York Times di questi giorni sintetizza bene questo quadro. Perché le donne, e non tanto gli uomini, sono giudicate negativamente per una casa poco in ordine, dove i piatti sono ancora sporchi nel lavello, le pile dei calzini in un angolo, la polvere o le ditate sui cristalli bene in vista? Già perché?
Eppure ancora oggi, nell'anno di grazia 2019, gli uomini disordinati e 'casinari' sono molto più tollerati e giustificati rispetto alle donne disordinate e 'casinare'. «Il fatto è che il lavoro domestico, il rassettare o pulire, è ancora considerato un lavoro tipicamente femminile. Soprattutto per le donne che vivono con mariti e compagni». Non solo. Da alcune autorevoli ricerche fatte (University of California), a riprova di questa immutabile norma derivante dal retaggio di una cultura patriarcale, le donne se vivono con il compagno, piuttosto che non quando vivono da sole, tendono a lavorare molto di più in casa. E questo nonostante che gli uomini oggi, tendenzialmente, trascorrono più tempo tra le mura domestiche e si dedicano più a compiti casalinghi rispetto ai loro padri o nonni. Tuttavia le tipiche cose femminili,come cucinare o pulire o rassettare restano in mano alle donne. Il motivo è semplice. «Da un punto di vista sociale le donne, ma non tanto gli uomini, sono ancora giudicate negativamente se non riescono a tenere una casa pulita e in ordine». Uno stereotipo che è duro da cancellare o indebolire, spiega Sarah Thebaud, sociologa all'Università della California, e autrice di questo monitoraggio di recente pubblicazione. Morale: «il tempo in più che le donne destinano per un lavoro non pagato in casa è all'origine della ineguaglianza di genere e influenza quanto gli uomini e le donne fanno a casa. Non solo. Influenza anche quanto è il tempo che le donne possono destinare a lavori remunerati». Altro che gender gap.
Le statistiche parlano di 2,3 ore al giorno di lavori domestici per le donne e di 1,4 ore al giorno per lavori domestici (uomini). I dati nazionali (americani) sono stati forniti dal Dipartimento del Lavoro. Altro dato interessante, a conferma di questo quadro di ineguaglianza riguarda gli effetti sulle mogli e le ragazze madri, per entrambe il lavoro domestico è una realtà quotidiana, ma le ragazze madri trascorrono meno tempo dietro i fornelli e a rassettare la casa mettendo in ordine calzini e altre cose del marito. In pratica chi vive con un compagno o un marito ha meno tempo per se stessa e dorme di meno.
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