Laureata in scienze motorie, per ora pensa solo a godersi questo mondiale: «Non siamo abituate a tutto questo clamore, a fare interviste e conferenze stampa ogni giorno. È bello perché ti fa capire che il movimento sta crescendo, ma non dobbiamo mai perdere di vista ciò che più conta: il rettangolo di gioco.
Era un sogno poter raggiungere questi obiettivi e lo stiamo realizzando». Milena Bertolini alla vigilia dell'esordio con l'Australia aveva chiesto 'compattezzà, una qualità che l'Italia ha mostrato di avere: «La nostra arma vincente è il gruppo, siamo molto unite e dove non riesce ad arrivare una singolarmente arrivano le altre. Negli ultimi due anni siano cresciute tantissimo a livello fisico, anche se i nostri punti di forza restano tattica e tecnica». Difensore solo sulla carta, aiutata da una falcata da centometrista impiega solo pochi secondi ad arrivare da un'area di rigore all'altra: «Ho iniziato come centrale di difesa, sono diventata terzino e poi a Firenze ho iniziato a giocare anche avanti: quando vedo lo spazio attacco». Non è un caso quindi che il suo modello sia Samuel Etòo, un attaccante di ruolo sempre pronto a sacrificarsi: «È il tipo di giocatore che più mi si avvicina: veloce, di spinta, poi è un dettaglio che lui sia un attaccante e io un difensore. Perché un modello maschile e non femminile? Quando ho iniziato io non si vedevano le partite delle donne in tv, era difficile avere un'icona femminile. Ora le cose stanno cambiando, magari nelle nuove generazioni ci sarà una bambina che vorrà diventare come Bonansea o Giugliano o come Alia Guagni, perché no?» conclude l'azzurra.
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