L’AMORE IL ROCK
Fonseca è nato in Mozambico dove è rimasto fino all’età di 14 anni per poi trasferirsi a Barreiro. Ed è proprio con il club della città portoghese che ha mosso i primi passi da allenatore. Paulo nel 1995 si è sposato con Sandra, la sua prima moglie, da cui ha avuto Diego (20 anni) e Beatriz (14), ma con il trasferimento in Ucraina la storia finisce. Fonseca si innamora di Katherine Ostroushko, capo ufficio stampa dello Shakhtar, dalla quale aspetta un bambino e si è sposato nel 2018 nella splendida cornice del Lago di Como. La moda e la musica sono le sue due passioni oltre al calcio: al nuovo allenatore della Roma piace vestire elegante, non si presenterà mai in panchina con la tuta e ama gli abiti su misura firmati. Nel tempo libero suona la batteria e ascolta musica rock. Conosce perfettamente l’inglese che gli servirà per comunicare con il presidente Pallotta e gran parte dello spogliatoio giallorosso: carismatico, grande lavoratore e sicuro sé (ha indossato la machera di zorro per scommessa dopo la vittoria in Champions contro il City). Sono queste le doti che hanno affascinato Franco Baldini e hanno fatto innamorare Pallotta. La speranza dei tifosi è che Fonseca riesca a imporsi in uno spogliatoio complicato e riporti il club nei posti che merita.
LA LETTERA ALLO SHAKHTAR
Appena ufficializzato il trasferimento alla Roma, Fonseca ha dimostrato la sua lealtà verso il club ucraino inviado una lettera destinata a tutte le persone che lo hanno accompagnato in questa avventura: «Oggi mi sono dimesso, lasciando la mia famiglia allo Shakhtar e lasciando la mia seconda casa, l’Ucraina. Quell’Ucraina che mi ha dato moltissimo: qui ho raggiunto vittorie importanti e vinto trofei, la mia esperienza è stata unica. Ma la cosa più importante sono state le persone. Quelle stesse persone che sono state al mio fianco ogni giorno, quelle persone che hanno creduto in me e che mi hanno supportato. Sono orgoglioso del periodo che ho trascorso allo Shakhtar. L’unico rimpianto che ho è quello di non aver mai potuto vedere la Donbass Arena e non aver potuto sentire l’incredibile atmosfera delle curve di casa, di cui mi hanno parlato moltissimo. Il cuore dello Shakhtar è a Donetsk, e mi dispiace non aver mai allenato e giocato lì con la squadra. Spero che lo Shakhtar possa tornare a casa. Spero che possa continuare a vincere e a diventare più forte. Non sono più l’allenatore, però, sono e sarò ancora un grandissimo fan. A ogni partita, farò il tifo per la famiglia nero-arancio e aspetterò altre vittorie. Accetto ora questa nuova sfida. Ma l’Ucraina rimarrà per sempre nel mio cuore. Mio figlio è nato qui, qui ho passato anni felici. Non dico ‘addio’, ma ‘ci vediamo presto’».
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