Noa, lo stupro e il dolore senza tregua: «Il trauma delle vittime è pari a quello dei veterani di guerra»

Noa, lo stupro e il dolore senza tregua: «Il trauma delle vittime è pari a quello dei veterani di guerra»
di Vanna Ugolini
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Domenica 9 Giugno 2019, 16:31
ROMA La morte di Noa, la ragazzina olandese, violata tre volte, a 11 anni, che si è lasciata morire a 17, continua a colpirci e ci interroga. Perchè è la storia di un dolore così grande che ha buttato Noa giù per un precipizio da cui non è riuscita a risalire. Perchè ci ha messo di fronte a una realtà dura: la violenza trasforma le sue vittime, è acido che corrode dentro. E ricominciare a vivere con pienezza è un percorso lungo, lastricato di difficoltà, cadute e ritorni, quasi impossibile da fare se si rimane sole.

Lucia Magionami, psicologa e psicoterapeuta. Una lunga esperienza anche con i centri antiviolenza, il telefono Donna della Regione Umbria, il volontariato.

Cosa è successo a Noa? Come mai non è riuscita a superare il trauma della violenza?

«E' difficile parlarne, è una storia dolorosa, così drammatica anche per chi è una professionista come me, tanto che per alcuni giorni sono voluta rimanere in silenzio. La storia di Noa ci conferma che gli effetti dello stupro hanno conseguenze importanti nella mente e nel corpo di una donna. Già nel 1974 Burgess e Holstrom al Boston City Hospital descrivevano la Sindrome da trauma di stupro».

Quanto possono durare gli effetti del trauma?

«L’immediata disorganizzazione può durare anche molti anni. Una persona vittima di violenza può avere per lungo tempo reazioni di incredulità, shock, paura, vergogna, senso di colpa, umiliazione, rabbia, isolamento, lutto e perdita di controllo. E anche il corpo può avere per lungo tempo delle reazioni: disturbi genito-urinari, nausea, mal di stomaco, disturbi del sonno, depressione, tentativi di suicidio, dipendenza da droghe, alcol. Un terzo delle donne sopravvissute allo stupro sviluppano la sindrome post-traumatica da stress e hanno una percentuale maggiore della popolazione comune del 13 per cento di tentare il suicidio».

Le donne che hanno subito una violenza in età infantile hanno sintomi  ancora più devastanti?

«Sì. Noa è stata abusata in età evolutiva e per lei il trauma è stato mortale. L’abuso sessuale sui bambini e le bambine viene definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità  come “il coinvolgimento di un minore in attività sessuali per le quali non sono preparati dal punto di vista dello sviluppo”, e dichiara che almeno 1 donna su 3 sotto i cinquant’anni ha subito un abuso sessuale durante l’infanzia o l’adolescenza: un trauma che causa deficit cronici nello sviluppo fisiologico e psicologico complessi e spesso devastanti in quanto diventa un imprinting nello sviluppo dei bambini abusati. Il Disturbo post traumatico da stress conseguente ad un trauma da abuso o violenza sessuale, quello di cui soffriva Noa, ha conseguenze importanti per il cervello umano che subisce vere e proprie modifiche. Queste modifiche agiscono e si perpetuano nel tempo. Una donna vittima di violenza può subire conseguenze che sono paragonabili all’esperienza dei veterani di guerra. Come loro che, tornati a casa non riescono ad avere più una vita nomale, anche le donne vittime possono manifestare gli stessi sintomi: stress cronico, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, incubi, paura costante. Si può arrivare a disturbi della personalità correlati al trauma per stupro che vanno dal Bordeline, a quello traumatico da stress complesso, fino a condizioni invalidanti come la depersonalizzazione e la derealizzazione o al disturbo dissociativo dell’identità».

Cosa avremmo potuto fare?

«Come professionisti avremmo dovuto fare un intervento tempestivo per non cronicizzare le conseguenze e dare voce al suo immenso dolore».

E ognuno di noi cosa può fare per aiutare una donna vittima di violenza?

«Non chiudere gli occhi. Denunciare. Aiutare le vittime portandole da professionisti che possano dare loro un aiuto. Più in generale, come singole persone potremmo fare ogni giorno dei piccoli gesti gentili verso gli altri: l’altro non è così diverso da noi e va ascoltato e rispettato. Solo insieme si può fare un vero cambiamento culturale».
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