Stupri virtuali, revenge porn e minacce: «In rete troppa violenza contro le donne»

Il direttore della polizia postale Nunzia Ciardi
di Maria Lombardi
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Lunedì 10 Giugno 2019, 10:02 - Ultimo aggiornamento: 11:55

«Le donne in rete sono più a rischio degli uomini». Revenge porn, gruppi di stupro virtuale, insulti sessisti che evocano sempre violenze fisiche, truffe amorose.«Arrivano sempre più denunce, ma si tratta di fenomeni che scontano un grandissimo sommerso. Tra i ragazzi ma anche tra gli adulti il sexting è stato sdoganato. Quando ci si separa e le foto di lei per vendetta finiscono in rete, il meccanismo di rimbalzo è infernale. La stessa persona che le ha immesse ne perde il controllo. Ma da parte delle vittime c’è la ritrosia a denunciare, la vergogna di essersi prestata a quello scatto, il sentirsi colpevoli, anche. Io ripeto sempre che il silenzio rischia di diventare il migliore alleato di chi ci aggredisce».

Per il direttore della polizia postale Nunzia Ciardi c’è da allarmarsi: troppa violenza sul web contro le donne. «L’odio online è distribuito equamente tra tutti, ma alle donne viene riservata una particolare aggressività mirata sul discorso fisico e sulla sessualità». Oltre a: brutta, sei un cesso, fai schifo, minacce del tipo: ti devono stuprare. Tocca a chiunque, alla scrittrice come al medico e alla ragazzina.

La porno vendetta

«Un altro fenomeno che stiamo monitorando è quello degli stupri virtuali su facebook». All’interno di gruppi chiusi si condividono foto cercate sui social, copiate da contatti whatsapp o anche scattate in mezzo alla strada a donne ignare e si commenta: che gli farei e via di seguito con un repertorio infinito di volgarità.
«Si può intervenire su Fb, Twitter o Instagram chiedendo la rimozione dell’immagine. Ma quando una foto finisce su una app di messaggistica è impossibile fermarla, bisognerebbe cancellarle su migliaia di dispositivi, è difficile difendersi».

A volte l’ex non si limita a pubblicare lo scatto osè, ma abbina numero di telefono o indirizzo mail della vittima. Capita che le foto vengano messe anche sui siti porno e le donne vengano contattate da chi vuole un appuntamento. «Ancora il revenge porn non è previsto come ipotesi di reato autonoma, se ne sta discutendo in Parlamento. E quindi bisogna applicare norme diverse: stalking, violazione della privacy, diffamazione. Ma non appena ci sarà la nuova norma, la politica repressiva avrà un’arma in più e questo di sicuro aiuterà».

Lui è geloso e la pedina. Prima doveva spostarsi adesso basta seguirla sullo schermo. Cybercontrollo, «un pedinamento virtuale che non ha limiti ed è particolarmente invasivo, non dà un attimo di tregua. Le donne pagano un prezzo più alto sul web: la repressione è un tassello importante ma la battaglia va condotta anche e soprattutto sul piano culturale».

Con la campagna “Una vita da social” sono stati finora incontrati un milione e 700mila studenti, 180mila genitori, 100mila insegnanti. «I genitori hanno un compito difficilissimo perché non sono esperti quanti i loro figli e almeno nella rete non sono un punto di riferimento. Ma devono capire che i ragazzi pur muovendosi con agilità nel web non riescono a prevedere quanto la rete sia potente e pericolosa, e quanta aggressività possa trasmettere o scatenare. Con il dialogo i genitori devono trasmettere ai figli i principi su come si sta in rete. E se necessario, diventare tecnicamente più preparati».

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