Ad una decina di giorni dalle europee e in parallelo al confronto tra Bruxelles e Roma sui conti pubblici, le famiglie politiche europee sono in pieno fermento, tra riunioni, incontri privati, nuovi e vecchi ingressi. Grandi manovre che investono direttamente l'Eurocamera e la pongono al centro del dibattito in un risiko di alleanze dove nessuno, specie tra i rappresentanti dei partiti che compongono il governo giallo-verde, vuole rimanere escluso o essere relegato ai margini dell'agone. Nell'ambito di questo valzer, dopo giorni di tira e molla è arrivata la doccia fredda di Farage, che ha chiuso al gruppo sovranista. Il leader del Brexit Party ha spiegato di avere avuto un «incontro privato» e che tale doveva rimanere con alcuni esponenti dell'Enf (il gruppo dove siede la Lega), che invece «si sono comportati malissimo». Farage ha precisato di «non aver mai preso l'impegno di unirsi a loro» ma di avere avuto invece «una conversazione preliminare amichevole che loro hanno deciso di utilizzare in modo politico e direi piuttosto disonesto».
I leghisti comunque non drammatizzano. Secondo l'eurodeputato del Carroccio Marco Zanni, in futuro «ci sarà una cooperazione politica anche con partiti che non apparterranno al nostro gruppo». L'interlocutore in questione sarebbe Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orban, attualmente sospeso dal Ppe, ma sempre con un piede nel gruppo del centrodestra europeo. «Anche se loro rimangono nel Ppe, stabiliremo formalmente una cooperazione e quindi un coordinamento sui provvedimenti da votare e sulle nomine sia in Parlamento, sia nelle istituzioni», ha precisato Zanni, annunciando che «la stessa cosa la faremo con i polacchi, con i cechi» e «con tutti quei partiti che oggi vedono la necessità di un cambio totale di passo nell'Ue».
(Nella foto Jaroslaw Kaczynski)
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