Miracolo Sassari, Pozzecco: «Vivo una favola, magari mi sposo durante la finale»

Gianmarco Pozzecco
di Marino Petrelli
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Martedì 4 Giugno 2019, 11:00
«Quando sono arrivato non potevamo più perdere e non abbiamo più perso». Gianmarco Pozzecco è l’uomo del momento: ha appena portato la Dinamo Sassari in finale scudetto, le ha fatto vincere la Fiba Europe Cup e non perde da quasi tre mesi: ventidue vittorie tra campionato e coppa. «A Sassari è una favola impensabile e vogliamo viverla al meglio».
A poco più di 24 ore dalla vittoria in gara 3 contro Milano si è reso conto di quello che è successo?
«Andando in giro per Sassari ti rendi conto che è successo davvero, c’è entusiasmo e questo mi rende orgoglioso».
Qual è stato il momento più difficile contro Milano?
«Quando siamo andati avanti di dieci in gara tre o sotto di 14 al Forum sapevo che le partite sarebbero finite punto a punto. Ma sapevo anche che sui miei ragazzi potevo e posso contare fino in fondo e così è stato. Si può vincere o perdere, ma vedo la mia squadra giocare bene e questo è l’importante».
Tra le 22 vittorie qual è quella che ricorda meglio?
«Sicuramente la partita a Brescia quando sono stato espulso e ho seguito la fine in macchina attaccato al telefonino. Una sofferenza incredibile».
Se dovesse vincere Cremona, la finale Sacchetti contro Pozzecco sarebbe da titoloni per i giornali.
«Sia io che Meo siamo consapevoli che contano i giocatori prima di chi siede in panchina. Certo, lo abbraccerei in maniera particolare».
Belinelli ha detto che vorrebbe essere allenato da lei...
«Anche io vorrei allenarlo, significherebbe essere a San Antonio agli Spurs (ride, ndc). Marco è uno dei miei ex compagni ai quali sono più legato, con Mancinelli, Fultz e quelli di quella Fortitudo, quindi è normale avere un certo tipo di rapporto con lui».
A proposito di giocatori, la Sassari attuale ricorda la sua Capo d’Orlando, quella di Basile, Soragna, Nicevic.
«È vero, sia come tipologia di giocatori che come spirito di abnegazione. Quelli erano giocatori eccezionali e nutro grande rispetto per Capo d’Orlando che, insieme a Varese e Bologna, sono le mie squadre del cuore. Qui ho trovato i Gentile, i Polonara, gli Spissu e il nucleo di stranieri che sono molto simili. Quando si gioca bene, il più è fatto».
L’Nba è rimasta forse il suo rimpianto, pur avendo provato ad andarci...
«Mi sarebbe piaciuto andare in Nba. Non è stato possibile, ho avuto la carriera che ho meritato, non rinnego nulla, né le mie goliardate, né il fatto che a volte con alcuni allenatori non mi sono compreso. Loro faticavano ad allenare il mio talento, io credevo che bastasse fare il fenomeno. Ora che sto da questa parte mi rendo conto quanto sia importante il ruolo di colui che mette insieme i pezzi».
Il matrimonio e le camicie: è pronto a sposarsi in campo come ha promesso, magari con una bella camicia nuova?
«Sul matrimonio non posso né confermare, né smentire, avrei voluto già essere sposato con la mia ragazza. Vediamo che succede, magari chiamo il prete e lo porto in campo durante la finale. Sulle camicie, mi sono calmato, i camiciai di Sassari non sono molto contenti di questo (altra risata, ndc)».
Il messaggio che le ha fatto più piacere in questi giorni?
«Due in particolare: Boscia Tanjevic, mio ex allenatore in Nazionale e figura di grande riferimento, e Toto Bulgheroni che per me è come un padre».
Ci racconta della sua iniziativa in favore della Fondazione Cannavò?
«Sono stato contattato da Franco Arcuri e mi sono reso subito disponibile per un evento di beneficenza. Il vincitore sarà mio ospite qualche giorno a Formentera, dove vivo di solito lontano dalle luci della ribalta. Mangeremo insieme, faremo qualche tiro al campetto. E magari farà da mio testimone di nozze, tutto può succedere».
 
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