Scontro sulla lettera Ue, Di Maio vede le elezioni anticipate

Scontro sulla lettera Ue, Di Maio vede le elezioni anticipate
di Alberto Gentili
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Sabato 1 Giugno 2019, 10:32 - Ultimo aggiornamento: 10:42

Dal Quirinale, ufficialmente, non filtra neppure un sospiro. Ma di fronte al caos innescato dalla lite sulla lettera a Bruxelles tra Luigi Di Maio da una parte e Matteo Salvini e Giovanni Tria dall'altra e davanti alla svolta anti-Bruxelles dei 5Stelle, chi ha parlato con Sergio Mattarella lo descrive «molto preoccupato» ed «esterrefatto».

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I rapporti con l'Unione europea - a maggior ragione con il debito alle stelle, i vincoli di bilancio in gran parte sforati e lo spread schizzato a un passo da quota 300 - sono ritenuti dal capo dello Stato estremamente delicati. Per questo, raccontano, Mattarella si augura che finisca al più presto la fase post-elettorale e che avvenga quanto prima un chiarimento nel governo giallo-verde. Perché serve «responsabilità». E perché vanno affrontati al più presto i problemi degli italiani, a cominciare dall'economia che ristagna. In più, a giudizio del capo dello Stato, è indispensabile un'interlocuzione adeguata e seria con l'Unione europea.

Esattamente ciò che non è avvenuto ieri. Fiutata l'aria di elezioni e preparando la possibile nuova campagna elettorale, Di Maio di colpo smette i panni del moderato. Supera a destra Salvini, che non apprezza affatto il nuovo No scandito dai Cinquestelle in giornata e viene descritto «molto irritato». Di Maio detta parole che contraddicono in modo netto quelle pronunciate fino alla batosta elettorale del 26 maggio. Così, mentre i suoi fanno sapere che la flat tax «si può fare anche in deficit», spingendo lo spread a quota 293, il leader 5Stelle mette a verbale: «Basta austerità, basta tagli e politiche lacrime e sangue. Al governo Monti non si torna».

A innescare la svolta di Di Maio c'è anche la convinzione - dopo la diffusione della bozza della lettera (poi smentita) di risposta a Bruxelles dove si diceva che i risparmi derivanti da Reddito di cittadinanza e quota 100 sarebbero andati alla riduzione del debito - che «Tria è corso a vendersi a Salvini». Concetto ribadito, con toni leggermente più pacati dal viceministro all'Economia Laura Castelli: «Ciò che è accaduto è inaccettabile, giovedì Tria si è visto con Salvini e insieme hanno scritto la lettera».

Vero? Di certo c'è che poco dopo, in commissione Bilancio della Camera, il viceministro leghista Massimo Garavaglia dice più o meno ciò che Tria aveva scritto nella bozza della lettera: «I risparmi del reddito di cittadinanza, si parla di un miliardo, sono da maneggiare con cura. L'intenzione del governo è di utilizzarli per ridurre le pendenze che abbiamo con l'Europa, rispondendo correttamente alla lettera della Commissione». Spiegazione di un economista del Carroccio: «Non è una scelta, è scritto nella legge di stabilità che eventuali risparmi derivanti da una minore diffusione del Reddito e di quota 100 vadano a ridurre il debito».

Di Maio e la Castelli non possono non saperlo. Però decidono di andare ugualmente all'attacco contro Tria e Salvini. Il capo grillino alle sei di sera sollecita un «vertice immediato», sostenendo di «non aver ancora avuto il piacere di leggere la lettera». Poi, il leader 5Stelle lancia gli strali contro «l'austerità». Garantisce: «Non ci sarà «alcun taglio al Reddito e a quota 100». Soprattutto conia slogan adatti a una nuova campagna elettorale: «La missiva preparata da Tria e Salvini non la conosco, però sicuramente noi non tagliamo le spese sociali». Concetto arricchito da una nota pentastellata che suona come una sorta di programma elettorale poveri contro ricchi, tutela dei deboli a dispetto dei più forti: «Siamo sicuri che la Lega non voglia tagliare il welfare per finanziare la flat tax. Veniamo da anni di politiche di austerità che hanno scaricato sulle fasce più deboli i costi della crisi tramite la riduzione dello Stato sociale. Quell'epoca per noi è chiusa e archiviata».

LO PSICODRAMMA
Scatta un carosello di telefonate. Di Maio chiede e ottiene da Tria di smentire la lettera. Cosa che avviene poco dopo: «La missiva diffusa non corrisponde alla realtà». E Conte offre sponda, facendo sapere alle sette di sera che «la lettera anticipata agli organi di informazione non è quella che in questo momento sto visionando e devo ancora approvare». Parte la caccia alla presunta talpa: c'è chi sostiene sia stata proprio la Castelli per poter così bruciare la missiva.

Di sicuro, c'è solo che il vertice non viene celebrato: Salvini è in campagna elettorale ad Aversa. E quando gli viene chiesto di tornare si fa una risata: «Quale vertice?!» «Però si è sentito con Conte e Di Maio e insieme hanno stabilito di togliere la parte con i tagli al welfare», fanno sapere da palazzo Chigi.
A trovarsi più in imbarazzo è il premier che, per gioco forza, deve ascoltare le preoccupazioni del Quirinale. Conte, appena i 5Stelle hanno adombrato la possibilità di varare la flat tax in deficit, ha confidato: «Il sistema non reggerebbe e questo atteggiamento precluderebbe ogni dialogo costruttivo con la Commissione.

Qui si rischiano davvero la procedura d'infrazione e nuove tempeste finanziarie». La stessa ragione per cui pure la Lega non ha intenzione di varare la tassa piatta accumulando nuovo deficit: il programma di Salvini, elaborato da Garavaglia, prevede un esborso di 10-12 miliardi, in gran parte coperto con la riforma delle detrazioni ed esenzioni e dalla trasformazione del bonus da 80 euro (costo 10 miliardi) in un taglio fiscale.

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