Anna Guaita
Quest'America
di Anna Guaita

I bibliotecari, eroi che salvano vite

I bibliotecari, eroi che salvano vite
di Anna Guaita
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Domenica 26 Maggio 2019, 23:06 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 00:45
 
NEW YORK – Le biblioteche pubbliche negli Usa sono oltre 16 mila. E sono uno dei luoghi più piacevoli in cui passare qualche ora tranquilla. Bambini che fanno i compiti, giovani al computer, anziani che cercano l’ultimo romanzo. Il manipolo dei bibliotecari è sempre occupatissimo. Ma da un paio di anni il loro lavoro si è grandemente complicato. Proprio i bibliotecari sono diventati anche la prima linea di salvezza in migliaia di casi di overdose. Centinaia di vite sono state salvate da quando i bibliotecari americani hanno accettato di seguire dei corsi salvavita per imparare  l’utilizzo appropriato del naloxone, lo spray antagonista contro l’overdose da oppioidi.
 
Sembrerà strano che le biblioteche siano diventate sfondo di simili tragedie. Ma sono proprio le loro caratteristiche ambientali e geografiche a renderle luogo di rifugio di tanti tossicomani. Aperte al pubblico tutto il giorno, vaste, silenziose, calde d’inverno, fresche d’estate, con molte aree appartate, le biblioteche offrono la privacy e la sicurezza che per strada non si trova.

In questa nuova stagione in cui decine di migliaia di persone negli Usa muoiono da overdose di oppioidi, il pragmatismo vince su ogni esitazione morale.  E mentre le biblioteche si sono fornite di guardie, e adottano una severa disciplina sull’uso dei gabinetti (in alcune bisogna mostrare un documento di identità), resta il fatto che a Filadelfia, Denver, Chicago, New Orleans, San Francisco, Salt Lake City, e in varie altre città, si continuano a verificare casi di overdose fra gli scaffali, e l’attesa delle ambulanze può essere troppo lunga e l’intervento del farmaco diventa la differenza fra la vita e la morte.

Chera Kowalski, una 35enne bibliotecaria di Filadelfia, ha salvato sei vite l’anno scorso, grazie allo spray nasale Narcan, che conservava nel cassetto della sua scrivania. Bob Knowles, della Denver Central Library, dopo aver visto una giovane donna morire, ha ottenuto che anche la sua biblioteca avesse il Narcan: un anno fa, appena due ore dopo che il farmaco era stato consegnato, Knowles ha potuto usarlo per salvare un individuo che era svenuto nel gabinetto della sua biblioteca dopo aver ingoiato varie pasticche di un potente antidolorifico a base di oppioidi. Peggy Wehr, direttrice della Indianapolis Public Library ha anche lei salvato una donna, che si era chiusa nel gabinetto per iniettarsi dell’eroina, e aveva perso i sensi.

Lo straordinario impegno di questi individui è stato riconosciuto dalle ditte farmaceutiche, alcune delle quali hanno offerto a tutte le 16.568 biblioteche pubbliche Usa due dosi di naloxone gratuite da tenere nel cassetto in caso di emergenza. Come  io stessa ho scritto su questo sito un anno fa, perfino il Surgeon General degli Stati Uniti ha raccomandato che gli americani portino in tasca o nella borsetta una dose di naloxone, il farmaco in grado di salvare chi sia in overdose da oppiacei. 
 
Certo ci vuole coraggio per accettare di seguire dei corsi, e poi assumersi la responsabilità di intervenire davanti a una persona che sta per morire. E finora i bibliotecari non sono stati chiamati a decidere in situazioni fra la vita e la morte. E’ la realtà che viviamo adesso negli Usa che li obbliga a questo passo così grave. Per me sono degli eroi. Peggy Wehr di Indianapolis spiega: «Abbiamo fatto una riunione di tutti i direttori di tutte le filiali, e siamo arrivati a una conclusione: potevamo restare indifferenti al problema o potevamo fare qualcosa. Abbiamo deciso di fare qualcosa. Lo so che non è uno dei requisiti del nostro lavoro, ma siamo esseri umani, dopotutto».
 
 
 
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