In trappola lo sciacallo del ciclista travolto e ucciso a Roma: è un operaio italiano di 50 anni Oggi il funerale

Il ciclista travolto e ucciso, Fulvio Di Simone
di Alessia Marani e Camilla Mozzetti
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Giovedì 23 Maggio 2019, 15:47 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 21:30

È un operaio italiano di cinquant'anni lo sciacallo che venerdì pomeriggio ha rubato il portafogli e prelevato dal bancomat del ciclista investito e ucciso da un tir sulla via Tiburtina, nella Capitale. Massimo D., è stato individuato e denunciato ieri dagli agenti della Polizia locale per furto aggravato e appropriazione indebita. Davanti agli agenti del IV Gruppo che lo hanno stanato non ha battuto ciglio, nessuna pietà, nessuna parola di scuse o di vergogna per l'ignobile azione compiuta. Solo una preoccupazione: «Non è che adesso perderò il lavoro?».

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Erano appena due settimane che Massimo, residente a Guidonia, sposato e con figli, prestava servizio per la ditta di trasporti della cittadina a Est di Roma dove i vigili lo hanno rintracciato ieri dopo avere trascorso giornate intere a visionare le immagini registrate non solo dalla telecamera dello sportello bancomat di via dei Monti Tiburtini dove, in due riprese, aveva prelevato 500 euro mentre Fulvio Di Simone, 54 anni, moriva, ma anche quelle - una ventina - disseminate nelle vie intorno. Fino a individuare, appunto, il furgone su cui viaggiava. Al vaglio della Municipale c'è anche la posizione di un suo collega, anche lui italiano, che venerdì era alla guida del mezzo. Rischia di essere denunciato per il concorso nei reati. Il furto ritardò anche le operazioni di identificazione della vittima.
 

 


LE TRACCE
Ma come hanno fatto gli uomini del comandante Lorenzo Botta ad arrivare al cinquantenne? Innanzitutto, le tracce bancomat. I due prelievi sono avvenuti a poca distanza l'uno dall'altro e una decina di minuti appena dopo l'incidente. Il furgone procedeva poco dietro il Tir che ha urtato la bicicletta di De Simone in prossimità della rampa per il Raccordo Anulare. Massimo e il collega devono avere visto volare via dal marsupio del ciclista il portafoglio. Il cinquantenne, che sedeva sul lato passeggero, è sceso al volo e lo ha preso. La telecamera al bancomat lo inquadra chiaramente mentre intasca le banconote: vistosi tatuaggi sulle braccia, capelli rasati dietro la nuca. Ma quella figura non dice nulla agli investigatori, Massimo è incensurato.
 


È una telecamera di un esercizio privato a riprenderlo in una strada a qualche centinaio di metri mentre risale sul furgone. Ma la targa non si legge. Gli agenti ingrandiscono le immagini, provano a lavorarle e focalizzare al computer, ma niente. Finché non individuano un piccolo logo sulla carrozzeria che rimanda a una società di Guidonia. Il titolare riconosce Massimo dalle immagini che gli agenti gli mostrano, ma dice che ormai non lavora più da lui. I vigili risalgono anche all'ultima ditta, sempre di Guidonia. Si fanno consegnare tutti i fogli di marcia dei trasporti effettuati venerdì pomeriggio per capire quale mezzo potesse essere passato sulla Tiburtina intorno alle 14.30 orario dell'incidente. Quindi, risalgono proprio al furgone inquadrato dalle telecamere e su cui era Massimo insieme con l'autista a cui dava una mano per le consegne. Lui non sembra sorpreso all'arrivo degli agenti, come se immaginasse che prima o poi sarebbero arrivati a lui. L'unica preoccupazione per il posto di lavoro. «Un'indagine complessa per fare giustizia su un fatto così grave», le parole di soddisfazione del comandante del Corpo, Antonio Di Maggio.
«NON LO PERDONO»
Intanto, proprio oggi alle 15,30 nella parrocchia di S. Bernadette a Colli Aniene, amici e parenti daranno l'ultimo saluto a Di Simone, infermiere della Asl con la passione per la bici. La moglie Debora tira un sospiro di sollievo dopo avere appreso che lo sciacallo è stato trovato. «Mi sento sollevata, ma solo in parte - dice - perché si tratta di un gesto davvero inqualificabile. Ringrazio le forze dell'ordine che lo hanno rintracciato in così poco tempo e spero che sia di monito perché mai e poi mai si ripetano atti del genere. Ho perdonato il camionista del tir che ha investito mio marito e deve continuare a vivere con il minore rimorso possibile.
Ma quel che ha fatto questo sciacallo è ingiustificabile».
 

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