Brad Pitt: «Così l’America ha perso l’innocenza»

Brad Pitt: «Così l’America ha perso l’innocenza»
di Gloria Satta
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Giovedì 23 Maggio 2019, 00:00
CANNES - Sulla Croisette battuta dal vento, il film Parasite del coreano Bong Joon-ho suscita l’entusiasmo ed entra a gamba tesa nei pronostici del toto-Palma. Oltre 400 attori e registi scendono in campo con il manifesto per un’Europa libera e democratica contro l’astensionismo: le elezioni sono in programma domenica prossima e se ne sono ricordati anche qui, in questa “bolla” fuori dal mondo in cui per due settimane si parla solo di cinema. Lina Wertmüller, in coppia con Giancarlo Giannini, incassa gli applausi alla proiezione di Pasqualino Settebellezze in versione restaurata. E all’indomani dell’anteprima di C’era una volta a... Hollywod, le code più lunghe sono ancora per Quentin Tarantino e la sua banda di superstar.

Dopo il pubblico, a creare la ressa sono i giornalisti di tutto il mondo che aspettano in piedi un’eternità, tra grida e spintoni, per poi rovesciarsi come una mandria impazzita nella sala che ospita la conferenza stampa. Il film è stato l’evento più atteso di questo 72mo Festival, non c’è dubbio, anche se gli applausi che all’indomani della proiezione accolgono il regista, Brad Pitt, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie non sembrano travolgenti.

LA RICOSTRUZIONE
Quentin parla per la prima volta della sua nona regia, «la mia lettera d’amore a Hollywood». La curiosità è alta. E le prime domande riguardano la ricostruzione, decisamente personale, che il regista ha fatto della strage di Bel Air in cui il 9 agosto 1969 gli adepti di Charles Manson trucidarono cinque persone. Tra le vittime c’era Sharon Tate, la compagna incinta di Roman Polanski. «I casi di cronaca ci affascinano», spiega diligentemente Tarantino, senza mai perdere di vista la moglie Daniella Pick, confusa tra i giornalisti in platea, «perché il più delle volte risultano inspiegabili. Per scrivere la sceneggiatura, mi sono documentato in lungo e in largo su quel massacro. Cercavo di capire cosa avesse spinto dei ragazzi e delle ragazze come tanti ad obbedire agli scellerati ordini di Manson. Ma il mistero rimane e continua ad intrigarci ancora, a cinquant’anni di distanza. Nel film ho voluto raccontare la vita quotidiana della setta, tra giornate passate nel ghetto che la ospitava e gite a cavallo».

Ha mai detto a Polanski che avrebbe girato un film sulla tragedia che cambiò per sempre la sua vita? «No. Ho incontrato il regista due volte e lo considero uno dei più grandi del mondo. Nel 1968, in America, il suo Rosemary’s Baby fece incassi clamorosi». Tarantino, 55 anni, all’epoca andava all’asilo ma il suo culto maniacale del cinema del passato, cui attinge a piene mani per le sue storie, gli regala una conoscenza praticamente illimitata della materia. «Quentin è informato come un database», sorride DiCaprio, che in C’era una volta a...Hollywood (nelle sale italiane il 19 settembre), interpreta l’attore di serie tv Rick Dalton, ormai in declino, in preda alla depressione e disposto perfino, pur di mangiare, a girare dei western-spaghetti di Sergio Corbucci in Italia. «Non ho fatto fatica ad immedesimarmi in questo personaggio», spiega il divo 44enne, «sono cresciuto a Los Angeles, nell’industria del cinema, e ho conosciuto tanti attori come Dalton che lottano senza tregua per avere un ruolo in più. Ringrazio il destino che mi ha dato il successo».

LA SVOLTA
Accanto a lui Pitt, coppola sbarazzina, assapora il piacere di aver incantato il Festival nel ruolo di Cliff Booth, generosa controfigura e factotum di Dalton, pronto ad aiutare l’amico fino al sacrificio. «Il personaggio che interpreto», dice l’attore, ancora più seducente con i segni dei suoi 55 anni evidenti sul viso, «ha accettato la sua condizione subalterna e non si lascia spaventare dai momenti difficili della vita. A differenza dell’amico, ha superato la depressione ed è in pace con se stesso. I due sono complementari. Ecco», s’infervora l’ex di Angelina Jolie, «il film esprime la rabbia contro la perdita dell’innocenza. Prima di quel maledetto agosto 1969, la gente era felice, si praticava l’amore libero e c’erano tante speranze. La strage di Bel Air ha cambiato tutto».

LA DONNA IDEALE
Tarantino ha riunito per la prima volta Pitt e DiCaprio che, insieme, quattro anni fa avevano interpretato un corto di Martin Scorsese. «Abbiamo cominciato a lavorare nello stesso periodo e ora siamo amici», dicono in coro. Margot Robbie: «La mia Sharon Tate è un raggio di luce in una storia oscura». Tarantino spiega di aver citato Corbucci «perché è uno dei miei miti, ho girato Django Enchained pensando al suo Django». È pronto a fare il punto sulla sua carriera? Per la serie anche i duri hanno un cuore, il regista risponde d’impulso: «Preferisco farlo sulla mia vita. Sei mesi fa mi sono sposato per la prima volta. E ho capito perché: aspettavo Daniella, la donna ideale».
 
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