The Boys In The Band andò in scena per la prima volta al Theatre Four di NY il 14 aprile del 1968 e, contro ogni previsione, rimase in cartellone per 1001 repliche fino al 6 settembre del 1970, divenendo così un punto di riferimento, un luogo di ispirazione per le grandi battaglie del movimento omosessuale americano che ebbero inizio nel 1969. Un vero e proprio fenomeno di costume, uno spettacolo precursore dei tempi in grado non solo di anticipare il fermento della comunità Lgbt, ma anche di travalicare gli anni ed essere oggi più che mai un’opera di strettissima attualità. Nel 1970 la commedia divenne un film per la regia di William Friedkin che in Italia fu tradotto con il titolo “Festa di compleanno per il caro amico Harold”. In occasione del cinquantesimo anniversario della commedia (1968-2018) lo sceneggiatore e regista americano Ryan Murphy ha riportato in scena a New York “The Boys In The Band” con un cast stellare tra cui Jim Parsons, Zachary Quinto e Matt Bomer. Costantino della Gherardesca descrive così The Boys in the Band: «Un testo pieno di vita e molto divertente da tradurre, le battute hanno saputo resistere al passare del tempo. La trama è ricca di sorprese, aggancia l’attenzione dello spettatore e lo trascina verso un finale rivelatorio che lascia senza fiato. I ragazzi di Crowley sono personaggi in cerca di emancipazione e di liberazione sessuale, eroi che lottano con le proprie nevrosi prima ancora che con una società che non li tollera. Sono personaggi complessi, non semplici maschere. Per quanto non facciano nulla per farsi amare è difficile non provare una profonda empatia nei loro confronti».
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