Lo sciacallo della Tiburtina come quelli dei terremoti

di Paolo Graldi
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Lunedì 20 Maggio 2019, 00:00
Serve riparlarne perché la tragedia sulla via Tiburtina, la sventurata morte di Fulvio De Simone, il ciclista-infermiere amato per la sua bontà, investito e ucciso da un Tir, uomo al quale è stato rubato il portafoglio per poi usarne la carta bancomat, segna un punto di infamia inarrivabile. Ferito a morte, il corpo incastrato tra le ruote, il raccapriccio dei presenti, ecco apparire lo sciacallo, gelidamente svelto nel raccogliere i documenti, scaltro nel rintracciare su un foglietto, annotato con ingenua trasparenza il Pin, il codice segreto per poter agire sul bancomat. E, subitaneo, si potrebbe dire professionale, il prelievo, duecentocinquanta più duecentocinquanta, il massimo consentito.

La sequenza appena ricordata viene ricostruita fin dalle prime indagini e adesso si aspetta che la persona titolare di quest’azione abbia un nome e sia chiamata a risponderne davanti a un giudice. Gli sciacalli della savana sappiamo come agiscono: si avventano sulle carcasse di prede già catturate da felini più nobili. Tra gli umani li troviamo aggirarsi tra le macerie dopo i terremoti e le guerre, le alluvioni, i disastri ma anche nelle corsie degli ospedali, pronti a individuare le vittime da spolpare. Difficile immaginare esseri più lurchi e abbietti nel mondo delle abiezioni. La moglie di Fulvio non perdonerà mai il “suo” sciacallo. Ma ha aggiunto: «Spero almeno che quei soldi siano serviti per mangiare». Lo sciacallo infame e la colomba della bontà.

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