Alessandro Orsini

Haftar a Roma/L’Italia non può lasciare la Libia scivolare verso il Medio Oriente

di Alessandro Orsini
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Venerdì 17 Maggio 2019, 00:27 - Ultimo aggiornamento: 11:41
Haftar si è recato a Roma e ha detto a Giuseppe Conte che intende proseguire l’attacco contro Tripoli. Così facendo, ha vanificato le speranze dell’Italia, che lotta per la pace. La determinazione di Haftar stupisce, data la difficoltà in cui versa. Poco prima di avviare l’offensiva, il 4 aprile, aveva assicurato la Francia che avrebbe conquistato Tripoli in pochi giorni e senza spargimento di sangue. Macron ha acconsentito, ma niente è andato secondo i piani. Tripoli ha reagito con determinazione e la guerra lampo e indolore è diventata una dolorosa guerra di trincea, che ha dato il tempo all’Italia di porre in imbarazzo la Francia.

Conte ha mostrato le conseguenze disastrose dell’offensiva di Haftar e, alla fine, ha ottenuto una sorta di ripensamento da parte di Macron. 
Lunedì, i ministri degli esteri dell’Unione Europea, riuniti a Bruxelles, hanno condannato l’attacco su Tripoli, chiedendo alle parti in conflitto di interrompere le ostilità. Ha pesato molto anche l’offensiva del governo di Tripoli che, oltre a sospendere ogni forma di collaborazione militare con la Francia, ha minacciato di mettere in discussione le licenze della compagnia petrolifera Total. Rilevanti, agli occhi dell’Eliseo, sono state le manifestazioni popolari anti-francesi a Tripoli contro Macron e Haftar, descritti come un unico aggressore. 


E così la domanda sorge spontanea: se la Francia assume un atteggiamento più cauto verso l’assalto contro Tripoli, perché Haftar si reca a Roma per dire spavaldamente a Conte che continuerà a cannoneggiare? La ragione è che la guerra tra Tobruk e Tripoli è diventata molto più una questione mediorientale che europea. Mentre gli Stati europei, Italia e Francia su tutti, rispettano rigorosamente l’embargo delle armi, gli Stati mediorientali lo violano, ed è fin troppo noto che chi arma conta più di chi parla. In Libia si è infatti riprodotto lo stesso schema delle alleanze che travaglia il Medio Oriente. Egitto, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, che fanno parte della stessa coalizione che alimenta la guerra civile in Yemen, appoggiano il governo di Tobruk, il cui uomo forte è il generale Haftar. Il governo di Tripoli, invece, gode dell’appoggio della Turchia e del Qatar, altro blocco mediorientale.

Purtroppo, l’Europa, abituata a concepirsi come il centro del mondo, non ha la percezione esatta di ciò che sta accadendo in Libia. Gli europei pensano infatti che il cuore della contesa sia tra Francia e Italia, quando, in realtà, la Libia è diventata soprattutto questione di Arabia Saudita contro Qatar e di Turchia contro Egitto. Di ciò l’Italia è consapevole. Essendo il Paese europeo che ha conservato i legami più profondi con la Libia - la sua ambasciata resta aperta anche sotto le bombe - ha una conoscenza profonda di ciò che accade sul territorio.

Chiarito ciò, occorre interrogarsi sul perché la Libia sia slittata progressivamente verso il Medio Oriente, anziché avvicinarsi all’Europa. La risposta è semplice: l’Europa si è disinteressata della Libia dopo la caduta di Gheddafi. Tutti gli studiosi ricordano le parole amare di Obama contro Sarkozy e Cameron i quali, abbattuto Gheddafi – questo disse Obama ad “Atlantic” nell’aprile 2016 – non si occuparono del processo di ricostruzione. Quando poi è esplosa la crisi migratoria, l’Europa e gli Stati Uniti hanno scelto di porre rimedio ai (loro) problemi immediati, senza concordare alcuna strategia di lungo periodo per la Libia. Tappata la falla dell’immigrazione e abbattute le roccaforti dell’Isis a Sirte, ogni Paese europeo è tornato ai propri problemi di politica interna, mentre Trump dichiarava di non volere assumere alcun ruolo in Libia durante una conferenza stampa con Paolo Gentiloni, il 20 aprile 2017. Il problema è che la Libia è parte della politica interna dell’Unione Europea. All’Italia è chiaro, per via della vicinanza geografica; agli altri Paesi europei sarà più chiaro con il passare del tempo, soprattutto se la guerra civile a Tripoli sfocerà in una guerra regionale tra i Paesi più ricchi e potenti del Medio Oriente. Il tono di Haftar verso Conte è irriverente; quello verso il re dell’Arabia Saudita e il presidente dell’Egitto è deferente. Riflettere sulla Libia significa riflettere sull’Europa.

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