Loris Zanatta

Il blitz del cardinale/ Lo Stato, la Chiesa, e il modello Sudamerica

di Loris Zanatta
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Giovedì 16 Maggio 2019, 00:45
“Un gesto davvero cristiano”, s’ode ovunque: la “sinistra” si spella le mani per il clamoroso gesto del cardinale polacco. La metafora non potrebbe suonare migliore: la luce dove regnavano le tenebre. “Eretico”, gli fanno eco da “destra”: nostra è la vera Chiesa, nostro il vero Vangelo. E’ ormai guerra aperta a chi è più cristiano, a chi è il vero cristiano. 

Sapete dove già accade da quasi ottanta anni in qua? In Argentina. E l’Argentina è il Paese che più è declinato al mondo da allora: in termini economici e sociali, in termini politici e istituzionali. Sarà un caso? Da quando il peronismo aprì le porte all’Argentina cattolica sotterrando l’Argentina liberale, da quando pretese di restaurare la cristianità perduta anteponendo il Vangelo alla legge, il popolo di Dio al popolo della Costituzione, la dialettica politica è diventata guerra di religione e le elezioni guerre civili simulate. Vogliamo seguire questa china? In fondo, se c’è al mondo un paese simile all’Argentina, siamo noi… 
Perciò, fossi nei panni dei plaudenti o dei fischianti ci andrei piano: così nascono i peronismi, i chavismi, i sandinismi; perfino i castrismi: il nostro comunismo “è il nuovo cristianesimo”, diceva Fidel Castro, sicuro d’essere Cristo risorto, l’annunziatore della nuova Giustizia. La morale, la loro morale, trascende la legge, è Vangelo puro, dicono. 

Ma è solo il primo passo: dopo ci diranno che la legge è legittima se è cristiana, cristiana come loro l’intendono; poiché solo i cristiani, i buoni cristiani come loro li intendono, incarnano la nazione, il popolo, la sua identità. Invocando quel popolo più morale d’ogni altro popolo innescheranno la consueta antitesi manichea: popolo contro antipopolo, fedeli contro eretici, bene contro male. La comunità politica diverrà comunità di fede, il patto politico patto morale, lo Stato di diritto Stato etico. 
A chi, come me, non è credente e non appartiene ad alcuna Chiesa, a chi credeva di vivere in un ordine politico fondato sulla Costituzione e sulla legge, non sul Vangelo, nulla appare più clericale del gesto del cardinale oggi portato sugli altari. E’ un gesto umano; ed è ovvio che non vi sarebbe stato margine per l’eroismo di un cardinale se le istituzioni avessero fatto il loro dovere. Ma proprio perché così bello e umano ancor più ingannevole: se ripetuto, rischia di mutare con un sorriso i connotati del nostro sistema istituzionale, il fondamento della nostra convivenza; innesca dinamiche che, se non arrestate per tempo, diventano autodistruttive: se la politica diventerà guerra di religione, la religione diventerà terreno di guerra politica; crollerà la fiducia nelle istituzioni, ognuno le vorrà al suo servizio in nome del Vangelo, della morale, di Cristo o chi per lui. Più d’uno, in Vaticano, dev’esserne cosciente, a giudicare dagli imbarazzi e dai secchi di acqua gelata. 

Chiacchiere, mi diranno: la Chiesa di questo Papa pensa agli ultimi, agli umili, ai poveri; tutto qui. La fanno più semplice d quel che è: il Papa seleziona e scarta, ricorda e dimentica, enfatizza e tace; ordina le cose del mondo secondo la sua visione, come tutti facciamo. Il Papa che si commuove per l’anziano assiderato è assai meno empatico coi tre milioni di profughi venezuelani: sono ceti medi “coloniali”; il Papa che piange i morti nel Mediterraneo non prova pena per i cubani affogati nello stretto della Florida? Così imparano a sognare la mecca capitalista? Ci sono “ultimi” più “ultimi” degli altri. E’ un Papa cresciuto in una tradizione estranea alla separazione tra politica e religione; proprio come il suo elemosiniere polacco; Argentina e Polonia: difficile trovare due Chiese più impermeabili al mondo secolare. La sua politica può piacere o non piacere, è secondario: il problema è che fa politica con la logica del Vangelo, alimentando conflitti senza mediazioni possibili; la laicità dello Stato serve proprio a contenerne la deriva. Noi non siamo America Latina? Più di quanto crediamo: la storia conta, la cultura anche, la religione ancor più. 
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