Oltre il #Metoo: abusi in chiesa, tempo scaduto

Oltre il #Metoo: abusi in chiesa, tempo scaduto
di Lucetta Scaraffia
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Domenica 12 Maggio 2019, 20:48 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 16:58
Le denunce di abuso sessuale avanzate negli ultimi tempi da molte religiose nei confronti di sacerdoti e vescovi possono essere considerate una forma di #metoo simile a quello che ha suscitato, negli ultimi due anni, tante denunce e polemiche nel mondo laico? In realtà, al di là di una somiglianza di fondo, i due fenomeni sono molto diversi, perché molto diverse sono le condizioni in cui vivono le religiose rispetto a quelle di cui godono oggi le donne nei paesi avanzati dell’occidente. In ogni caso, si tratta comunque di una battaglia per il rispetto delle donne.
La somiglianza di fondo consiste in quello che il sociologo Anthony Giddens ha definito “il declino della complicità femminile”, cioè la fine di quell’atteggiamento un tempo molto diffuso per cui le donne sopportavano in silenzio il dominio maschile in ogni ambito dell’esistenza, anche sui loro corpi. Come se si trattasse di un destino ineluttabile, iscritto in una condizione naturale, e non invece di un rapporto di forza che si poteva rovesciare. Nella chiesa, per di più, all’ideologia patriarcale si aggiungeva anche lo status superiore attribuito al sacerdozio, che svettava su quello dei normali laici. Ed è opportuno qui ricordare qualcosa che pochi sanno, e cioè che anche le religiose fanno parte dei laici, non avendo ricevuto l’ordinazione sacerdotale.
DOPPIA COSTRIZIONE
Di questa doppia costrizione di potere era quindi particolarmente difficile sbarazzarsi. Inoltre, la vocazione delle religiose – votate all’obbedienza e al sacrificio di sé – sembrava garantire una totale complicità al potere maschile sacerdotale, anche violento.
La condizione delle suore nella chiesa, infatti, può apparire a uno sguardo esterno veramente paradossale: anche se il loro numero è più del doppio di quello dei sacerdoti e dei religiosi insieme, la loro presenza ai livelli di decisione e di discussione nella chiesa non è percepibile. Agli occhi esterni “chiesa” significa infatti un mondo di maschi vestiti di nero, che domina la cultura, il diritto, la teologia, la guida istituzionale, e nel quale le donne sono invisibili, perché sempre relegate nel “servizio”. Servizio che dovrebbe essere reso all’istituzione nel nome di Gesù, ma che invece diventa spesso servizio agli uomini di potere nella chiesa, e finisce così per rafforzare il loro potere.
Come farebbero infatti a muoversi disinvolti come sanno fare solo i potenti se non ci fossero le tante donne che lavorano negli uffici e nelle congregazioni, dove svolgono una gigantesca mole di lavoro specializzato e di alto livello che viene poi attribuito al prete che comanda la sezione? Come potrebbero vivere benestanti e tranquilli se non avessero suore che li assistono con il loro servizio domestico, in genere mal pagate, con poche ferie e senza limiti di orario? Chi saprebbe testimoniare nel mondo la solidarietà e la carità – cioè il senso profondo della missione cristiana – verso i deboli, i malati, gli abbandonati, se non ci fossero istituti di suore che ne hanno fatto il cuore della loro vita quotidiana?
MUTA DEDIZIONE
È chiaro che una situazione di tale sfruttamento e muta dedizione – in alcuni casi, purtroppo non così rari – si può trasformare anche in sfruttamento sessuale, talvolta addirittura in costrizione all’aborto. L’abitudine a servire, a non esistere come esseri umani rispettati, può indurre a sopportare ogni forma di abuso: ribellarsi a che servirebbe? Le denunce di abuso sessuale inviate da religiose ai vari dicasteri vaticani sono restate senza risposta, le superiore spesso suggeriscono di sopportare perché temono ritorsioni sulla congregazione, e le possibilità per le vittime di rifarsi una vita uscendo dal convento sono quasi nulle in molte situazioni.
Certo, oggi nella chiesa qualcosa sta cambiando: da alcuni decenni ci sono ottime studiose che riscoprono la presenza cruciale delle donne nei vangeli, teologhe che rivedono tesi antiquate sulla centralità maschile, e soprattutto si sta elevando il livello medio di preparazione delle religiose, fino a poco fa tenute in una condizione di inferiorità culturale che garantiva la loro obbedienza. 
La posizione dominante del clero sembrava così giustificata da un più alto livello di formazione, ma oggi questo divario si sta colmando, perfino in materie – come il diritto canonico – considerate in passato, di fatto, riservate ai maschi.
CAMBIO DI FACCIATA
Oggi papa Francesco inserisce una o due donne in ogni dicastero, in ogni commissione, ma perché questo sia qualcosa di più che un’operazione cosmetica bisogna che le donne scelte – pur sempre una minoranza – non siano soprattutto obbedienti, ma rappresentino la voce delle donne quale si esprime nelle loro associazioni. Il sistema vigente, cioè quello della cooptazione dall’alto, permette solo un cambiamento di facciata. Che resterebbe superficiale soprattutto se, come sta succedendo, non si fa niente per estirpare lo scandalo della violenza sessuale. Scandalo che nega alla radice il rispetto delle donne in una tradizione religiosa nata dal consenso di una donna, Maria.
 
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