Imen Chatbouri, giù da Ponte Sisto perché aveva rifiutato il killer: «Ripreso mentre la scaraventa nel Tevere»

Imen Chatbouri, caccia al killer: «Lei lo aveva rifiutato»
di Adelaide Pierucci
4 Minuti di Lettura
Venerdì 10 Maggio 2019, 00:36 - Ultimo aggiornamento: 13:17

C’è un sospettato per l’omicidio di Ponte Sisto. Gli inquirenti stanno cercando un conoscente di Imen Chatbouri, l’ex campionessa di atletica tunisina di 37 anni trovata morta all’alba del 2 maggio sulla banchina del Tevere dopo un volo di una ventina di metri. Il ricercato è un uomo che si sarebbe vendicato dopo essersi sentito respinto. E che ha ucciso Misciù, come era conosciuta Imen, senza armi, ma solo con una spinta. Afferrandola alle caviglie mentre lei era poggiata sulla balaustra del ponte e buttandola giù. Un femminicidio da manuale, mascherato da suicidio.
 





L’assassino aveva immaginato che il caso venisse archiviato così: nessun segno di colluttazione sul corpo, il gesto disperato di una ragazza disorientata che voleva farla finita. O che, al massimo, aveva perso l’equilibrio da ubriaca. Invece gli inquirenti, che procedono per omicidio premeditato, hanno ricostruito con spezzoni di filmati l’orrenda morte e il piano diabolico. E sono risaliti dritti a lui. All’uomo che la notte tra il primo e il due maggio è uscito da un bar di piazza Venezia assieme a Imen Chatbouri - avevano bevuto qualche drink assieme - e che poi la ragazza pensava di essersi lasciata alle spalle. Ma che, invece, l’aveva pedinata con circospezione.

IL FIDANZATO
I sospetti sul fidanzato di Imen, un giovane olandese, si sono dissolti definitivamente l’altra sera: quando gli investigatori della Mobile gli hanno detto che era stato convocato in questura perché Imen era morta, ha pianto. Era un rapporto strambo e allacciato da poche settimane, il loro, ma ognuno a suo modo teneva all’altro. Chi l’ha interrogato, però, già sapeva di non avere davanti l’assassino: nessuna corrispondenza fisica con l’uomo dei filmati, di cui, per obblighi investigativi, non è stata rivelata l’identità. Sapeva, però, che avrebbe potuto fornire elementi utili per risalire a chi aveva ucciso Imen. «Anche io la sera prima per un po’ sono stato con Imen e con quel nuovo amico», ha detto. E allora il cerchio si è ristretto.

L’assenza dei segni di violenza aveva in un primo momento spinto gli investigatori a non escludere il suicidio o la caduta accidentale, anche se chi conosceva bene Misciù sapeva che aveva una vita un po’ sgangherata, tra alcol e locali notturni, ma sempre con lo sguardo in avanti. La mamma, le sorelle, le amiche non hanno avallato nemmeno per un istante quella pista: «Ha affrontato un tumore con coraggio e anche la fine di un matrimonio. Viveva di piccole soddisfazioni», hanno detto.

I FILMATI
Così, a stretto giro, analizzati i filmati delle telecamere di videosorveglianza disseminate da piazza Venezia a Trastevere, il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il pm Antonio Verdi, che hanno ereditato il fascicolo da un collega, hanno modificato l’ipotesi iniziale di omicidio colposo con quella di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Mentre gli agenti della Mobile e del Commissariato Trevi Campo Marzio venivano messi al lavoro per scandagliare gli ultimi contatti e frequentazioni della donna. I poliziotti hanno già sentito anche un altro straniero, un operaio romeno che condivideva una stanza con Imen a Montespaccato, dove lei era stata raggiunta anche dal fidanzato olandese dopo avere lasciato un altro alloggio di fortuna a piazza Pio XI. «Non l’ho vista più, pensavo se ne fosse andata», ha detto. Il telefonino era muto per tutti. L’assassino, dopo averla fatta volare nel vuoto, è sceso per le scalette del lungotevere si è avvicinato al corpo per far sparire elementi che potessero portare a lui. Come il cellulare, appunto. L’unica accortezza dell’omicida: metterle la borsa della palestra sotto alla testa, come se stesse dormento. Il capo della Mobile, Luigi Silipo, ha dato un nome al cadavere con la tessera del centro dove Misciù praticava sport, la sua vera passione, che l’ancorava alla normalità e al passato da campionessa di giavellotto. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA