Roma, Giovanna morta a 10 anni durante l'operazione: spariti i reperti, mancano frammenti di cuore

Giovanna Fatello
di Michela Allegri
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Mercoledì 8 Maggio 2019, 11:15 - Ultimo aggiornamento: 12:30

La comunicazione arriva direttamente in udienza: le operazioni di «ricerca di un tassello di cuore derivato dall'autopsia e conservato in frigorifero» hanno dato «esito negativo». C'è un nuovo giallo nel processo sulla morte della piccola Giovanna Fatello, arrivata nella casa di cura Villa Mafalda il 29 marzo 2014, per essere operata a un orecchio, e morta a 10 anni proprio durante quell'intervento, considerato di routine: un reperto autoptico che avrebbe dovuto essere conservato, è sparito. Si tratta di un «frammento di ventricolo sinistro», si legge negli atti. Per la morte della piccola, cinque medici sono a giudizio con l'accusa - a seconda delle posizioni - di omicidio colposo e falso. Si tratta di Pierfrancesco Dauri e Federico Santilli, anestesisti, del capo équipe Giuseppe Magliulo e del suo collaboratore Dario Marcotullio, e di Rossella Moscatelli, direttrice sanitaria, accusata solo di aver compilato un referto non veritiero.

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Sono stati proprio alcuni avvocati della difesa a chiedere che venisse effettuato un nuovo accertamento sui reperti del cuore della piccola: una verifica ulteriore per stabilire se la bimba «fosse portatrice di una patologia su base genetica, in particolare la sindrome di Brugada», una malattia cardiaca. L'esame sul Dna «non è possibile sui tessuti trattati con formalina», sostiene il pm Mario Ardigò nella richiesta. La questione - si legge ancora negli atti - era sorta quando, in udienza, uno dei medici legali incaricati di effettuare l'autopsia aveva parlato del prelievo del tassello di cuore, non trattato con formalina e conservato. Un frammento impossibile da recuperare, sparito: «Attualmente presso l'istituto di Anatomia patologica risultano conservate esclusivamente le inclusioni in paraffina dei prelievi di tessuto cardiaco fissato in formalina», scrive il medico legale. «Non risulta conservato un prelievo di materiale biologico da congelare in quanto le emergenze documentali e autoptiche del caso non rendevano necessarie indagini che richiedessero il suddetto materiale. Risultano conservati i vetrini istologici e le relative inclusioni in paraffina da cui poter estrarre materiale genetico», scrive il secondo componente del collegio incaricato dell'autopsia. Il pm Mario Ardigò, titolare del fascicolo, ieri, ha sostenuto in aula che, in realtà, la verifica genetica sarebbe superflua, visto che viene effettuata solo quando emergano anomalie dall'autopsia. Circostanza che, nel caso di Giovanna, non si era verificata. E anche i familiari della piccola, assistiti dagli avvocati Gianluca Tognozzi e Alessandra Fiduccia, sostengono che le perizie precedenti non abbiano lasciato margini a dubbi: la bimba erae perfettamente sana. Ma la difesa potrebbe sollevare ulteriori questioni.
L'OPERAZIONE
È il 29 marzo 2014 quando la piccola Giovanna entra in clinica. I dottori le devono ricostruire il timpano dell'orecchio destro. Alle 9.50 Dauri si allontana dalla sala operatoria. Prende il suo posto il collega Santilli, che fino a pochi minuti prima era impegnato in un altro intervento. Per l'accusa, non ha ricevuto consegne dal titolare, è disinformato, non conosce la paziente e non ha dimestichezza con il macchinario dell'anestesia. Il cambio di guardia avviene con il consenso dei chirurghi. Il pm sostiene che si tratti di «un quadro eclatante di negligente sorveglianza. La sostituzione ha introdotto un rischio nuovo e gravissimo rispetto a quelli esigui stimati in fase preoperatoria». Proprio da questa negligenza potrebbe infatti essere derivato il decesso della piccola. Non è tutto. Subito dopo la morte della bambina, gli indagati avrebbero tentato di mischiare le carte in tavola. Per l'accusa, avrebbero tentato di coprire l'allontanamento ingiustificato di Dauri. L'anestesista avrebbe anche somministrato alla piccola due farmaci, ma non li avrebbe annotati nella cartella clinica. Avrebbe poi tentato di eliminarne le tracce somministrando liquidi a Giovanna e per fare defluire i medicinali nell'urina. Alla bimba sarebbe quindi stato applicato un catetere. Per insabbiare le presunte negligenze, a detta dell'accusa, i dottori avrebbero dichiarato il falso: avrebbero attesto un orario di morte fasullo, di molto successivo a quello reale. Secondo la difesa, invece, nessuna consulenza medica confermerebbe le ipotesi della procura. 

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