Cassel chiuderà il Festival di Cannes
che racconta la realtà sociale

Vincent Cassel e Rada Kateb in "Hors Norme", film di chiusura
di Gloria Satta
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Martedì 7 Maggio 2019, 11:23
Sarà Vincent Cassel, generoso operatore sociale di periferia che aiuta gli adolescenti autistici, a chiudere in bellezza il 25 maggio il 72mo Festival di Cannes. L’ex di Monica Bellucci, da due settimane padre della piccola Amazonie avuta dalla nuova moglie Tina Kunakey, è il protagonista dell’atteso Hors Norme diretto da Olivier Nakache e Éric Toledano, i registi di Quasi amici, evento de ”L’ultimo spettacolo”, fresca denominazione (e omaggio al cult di Peter Bogdanovich) della proiezione conclusiva della kermesse. Commedia umana fatta di sorrisi e amarezze com’è nello stile dei due autori francesi, il film è anche un affresco sociale che mette in scena operatori del territorio, volontari, professionisti della salute.
AFFRESCO SOCIALE. E, come molti titoli in concorso, sceglie di accendere i riflettori sulla collettività raccontando la realtà contemporanea fatta di ingiustizie, emarginazione, pericoli. Un autentico tema ricorrente, cavalcato quest’anno da diversi registi mente riemerge sulla Croisette anche il romanticisimo. Un altro autore che non rinuncia, sia pure con il consueto umorismo, a puntare sulle vicissitudini della classe operaia è Ken Loach: a 82 anni, il maestro britannico va a caccia della terza Palma d’oro con Sorry We Missed You, tragicommedia ambientata a Newcastle dove una famiglia non ha altra scelta, per mettere insieme il pranzo con la cena, che affidarsi alle nuove tecnologie: i figli, dopo tanti lavori precari, si reinventano autisti Uber ma le ripercussioni sui rapporti interpersonali non mancheranno.
SCONTRO DI CLASSE. Lo scontro tra classi sociali fa da sfondo a uno dei film più originali, anzi estremi della competizione: Parasite del sudcoreano Bong Joon-ho (già al Festival con Okja), una satira fulminante che prende di mira l’ossessione della richezza. Anche qui è di scena la famiglia, anzi due costrette a incrociarsi in seguito a un incidente: da una parte ci sono dei poveri disoccupati, dall’altra dei milionari. Con un epilogo tutt’altro che scontato.
Anche Jean-Pierre e Luc Dardenne, maestri del cinema ”sociale”, rincorrono la terza vittoria a Cannes con Il giovane Ahmed che affronta un tema di bruciante attualità: la radicalizzazione islamica in Belgio, patria dei due registi e culla di tanti terroristi. Protagonista è un tredicenne figlio di immigrati (il giovanissimo attore Idir Ben Addi) diviso tra il naturale richiamo della vita e le suggestioni pericolose del suo imam. Di immigrazione parla anche Atlantique, della senegalese Mati Diop (una delle 13 registe della Selezione Ufficiale): ambientato alla periferia di Dakar, il film racconta le peripezie di un gruppo di operai che, non pagati dal padrone, decidono di varcare l’oceano per avere un futuro migliore.
STESSA SPIAGGIA. Identità, nazionalità, appartenenza: nell’epoca dei muri e delle divisioni sono i temi portanti di It Must Be Heaven, racconto burlesco del palestinese Elia Suleiman, anche protagonista nel ruolo di un uomo che decide di lasciare la patria per rifarsi una vita all’estero. Ma dovunque vada, a New York come a Parigi, la Palestina continua a inseguirlo come un’ombra. Le tensioni sociali e razziali in un quartiere a rischio fanno invece da sfondo a Les Misérables di Ladj Li che segue le imprese di un gruppo di poliziotti in una cittadina della provincia francese.
Ma in mezzo a tanti drammi collettivi, l’amore porterà un raggio di speranza sulla Croisette. Alzi la mani chi non è disposto a commuoversi vedendo la coppia d’oro di Un uomo e una donna (Palma d’oro 1966) ritrovarsi 53 anni dopo sulla stessa spiaggia di Deauville. Nel sequel Les meilleurs années d’une vie, sempre diretto dall’81enne Claude Lelouch (fuori concorso), Jean-Louis Trintignant, 88, e Anouk Aimée, 86 ripercorrono il passato tra rimpianti e speranze e c’è anche un ruolo per Monica Bellucci. Il bacio omo tra Xavier Dolan e Harris Dickinson in Matthias e Maxime, diretto dallo stesso Dolan, accende poi una passione destinata a sfociare in un triangolo. E in Portrait de la jeune fille en feu diretto da Céline Sciamma e ambientato nel 1700, una pittrice (Noémie Merlant) sbircia di nascosto e con desiderio una damigella che rifiuta di farsi ritrarre (Adèle Haenel). Valeria Golino fa una contessa.
A TUTTO SANGUE. In un cinema che sembra aver rinunciato al sesso, lo choc del Festival 2019 verrà assicurato da Bacurau diretto dai brasiliani Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles: per l’eccesso di sangue e violenza, viene già accostato a Un tranquillo week end di paura. Quanto a efferatezza, non scherza nemmeno la serie di Nicolas Winding Refn Too Old To Die Young che segue uno sbirro nella Los Angeles infestata da mafiosi giapponesi, narcos messicani, gang russe, mentre promette emozioni fortissime Once Upon a Time in Hollywood di Quentin Tarantino sui delitti di Charles Manson. E già si favoleggia delle interpretazioni in odore di premio: Pierfrancesco Favino nel ruolo del pentito Tommaso Buscetta in Il Traditore di Marco Bellocchio, Matthias Schoenaerts nella parte del beato Franz Jägerstätter, eroe anti-nazista in A Hidden Life di Terrence Malick, Léa Seydoux alcolizzata e lesbica nel thriller Roubaix, une lumière di Arnaud Desplechin. E Antonio Banderas a cui Pedro Almodòvar ha affidato il regista in crisi protagonista di Dolor y Gloria: un personaggio che lascia il segno e vale una carriera.
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