Gianfranco Viesti
Gianfranco Viesti

Nord e Sud, quando anche la sicurezza divide il Paese

di Gianfranco Viesti
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Martedì 7 Maggio 2019, 00:22
I tragici fatti di Napoli ripropongono ancora una volta il problema della sicurezza e della legalità in tutto il Paese, ma in particolare in alcune aree del Mezzogiorno. La diffusione di piccole e grandi forme di criminalità non è solo un dramma per chi è coinvolto, una ferita molto grave per la convivenza civile e una forte riduzione della qualità della vita per le comunità: con effetti profondi sulle scelte familiari, professionali, di mobilità che poi si compiono. Ma anche un vincolo forte allo sviluppo di attività di impresa; un ostacolo di primaria importanza allo sviluppo economico.

Quanti ragazzi e ragazze giovani lasciano silenziosamente le città e le regioni più difficili in cerca non solo di occasioni di lavoro, ma anche di una maggiore tranquillità e qualità di vita? Quante imprese rinunciano ad investimenti nelle aree più problematiche, proprio per la difficile tutela della legalità? Quante iscrizioni perdono le eccellenti università di Napoli da parte di studenti che hanno timore a spostarsi a vivere in una città così complessa (con tutte le conseguenze che questo ha per le casse e il futuro degli atenei e l’economia della città)? 
E quanto l’economia sana di quelle stesse aree viene colpita dalle estorsioni e dalla concorrenza sleale di attività sul filo della legalità o apertamente finanziate dalla criminalità?

A tutto questo va data una risposta molto più netta di quelle fornite fino ad oggi. E la risposta deve fornirla lo Stato italiano: in quanto garante dei diritti di cittadinanza di tutti i suoi cittadini, che non possono essere così drammaticamente diversi, a seconda della città in cui si vive, come oggi. 

Una risposta che non può che avere due volti. Da un lato, quello del ripristino della legalità. Il che significa non solo la repressione da parte delle forze dell’ordine e la condanna da parte della magistratura delle azioni criminali più evidenti; attività che nel tempo hanno ottenuto non pochi successi. Ma anche, più capillarmente, un controllo più sistematico del territorio; la progressiva eliminazione di tutte le forme di illegalità anche minore. Lo Stato ha il dovere di essere presente per le strade di ogni città; non può tollerare zone franche, aree grigie. Disparità territoriali nel diritto ad una vita serena, civile. Su questo l’impegno richiesto è assai maggiore: e sorprende come a mille allarmi per la “sicurezza” non si accompagnino piani di azione concreti per eliminarle.

Dall’altro, quello della progressiva inclusione sociale di ampie fasce di popolazione a rischio. Tema complesso ma decisivo. Ciò significa una valorizzazione costante delle attività di partecipazione civica che convivono in quei territori insieme alle punte peggiori di degrado. L’ampia area napoletana ospita tanto luoghi del degrado quanto luoghi e attività di costruzione di forme di convivenza. Lo Stato, molto più intensamente e visibilmente di quanto oggi accada, deve schierarsi con i secondi. Significa un progressivo potenziamento dei servizi collettivi di assistenza e di cura; e dei presidi scolastici: l’argine più importante. E politiche di ampio respiro per la creazione di lavoro legale e tutelato: l’enorme scarto nei tassi di occupazione legale fra il Mezzogiorno e il resto d’Europa testimonia della dimensione dell’area grigia della “fatica” sottopagata e sommersa.

Il diritto alla sicurezza e all’inclusione sociale non è una questioni locale, di qualche sindaco. È una grande questione nazionale, unitaria, delle strutture dello Stato e dei prefetti. È bene ribadirlo in tempi di “secessione dei ricchi”, nei quali parti di classi dirigenti delle aree più forti pensano esclusivamente in chiave di vantaggi localistici; nei quali le bozze di intesa sulle “autonomie differenziate” ufficialmente disponibili prevedono clausole che porterebbero ad una riduzione della spesa scolastica proprio nelle regioni del Sud, a vantaggio del Lombardo-Veneto, a pagare magari di più chi insegna nei comuni più ricchi rispetto a chi lavora nei territori più disagiati; nei quali le intese sotterranee raggiunte negli scorsi anni sulla perequazione delle capacità fiscali dei comuni continuano a privare proprio quelli più poveri delle risorse per i servizi sociali.

È un grande investimento collettivo, a vantaggio dell’intero Paese. Insomma, curare il Sud sarebbe un modo per curare l’intera Italia. Colpire la criminalità organizzata significa indebolire anche le sue amplissime e ben radicate propaggini nel Nord del Paese; maggiore occupazione regolare al Sud significa maggiore gettito contributivo per le casse nazionali. Voler garantire a tutti i cittadini elementari diritti ovunque vivano, significa puntare a rafforzare la fiducia degli italiani nello Stato: assai di più di quanta, indeboliti e sfiduciati come sono, ne esprimano oggi.
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