Manduria, pensionato ucciso: confermato il carcere per i due maggiorenni. Il gip: «Le famiglie non sanno educarli»

Manduria, pensionato ucciso: confermato il carcere per i due maggiorenni. Il gip: «Le famiglie non sanno educarli»
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Venerdì 3 Maggio 2019, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 10:18

Terrorizzato, preso in giro, costretto a invocare aiuto: Antonio Stano, il 66enne di Manduria morto il 23 aprile ucciso di botte da una baby gang era braccato dai suoi aguzzini. Lo scrive il gip confermando il carcere per i due maggiorenni coinvolti nelle indagini. Il giudice ha così condiviso il quadro accusatorio della Procura, anche in relazione al reato di tortura. Stessa decisione è stata adottata ieri dal gip minorile che ha mandato in carcere i sei minorenni.

«La misura della custodia cautelare in carcere - scrive il gip del Tribunale ordinario Rita Romano - appare sostanzialmente adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori». «Né - rileva - vi è misura diversa meno grave rispetto a quella anzidetta idonea a garantire le esigenze di tutela della collettività stante la personalità dei due indagati» che «non offrono alcuna garanzia certa di rispetto degli obblighi di una misura cautelare meno afflittiva, dovendosi pertanto fortemente limitare la loro libertà di movimento per impedire la ricaduta nel delitto». Secondo il giudice, i nuclei familiari dei due indagati «hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i due giovani», da qui la decisione di escludere la concessione degli arresti domiciliari.

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«Stano è stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l'esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti e, di più, ripreso con dei filmati (poi diffusi in rete nelle chat telefoniche) in tali umilianti condizioni», scrive il gip Rita Romano. «Giravano in rete (su YouTube e sulle chat degli indagati e dei loro amici) filmati che riprendevano i maltrattamenti in danno dello Stano - evidenzia il giudice - e che erano divenuti merce di scambio tra i diversi giovani che li ricevevano sui loro telefoni o vi si imbattevano in Internet». «Non vi è dubbio - conclude il gip - che nel caso in esame le condotte poste in essere dagli odierni indagati e dai loro coindagati minorenni» sono state «perpetrate in danno di un soggetto affetto da disabilità mentale che viveva in un evidente stato di abbandono, di disagio sociale e che, pertanto, versava in un chiaro stato di minorata difesa».

 

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