Viterbo, no alla scarcerazione per i due arrestati. La vittima della violenza: «Ho paura di loro e delle minacce»

Viterbo, la vittima della violenza: «Ho paura di loro e delle minacce. Restino in carcere»
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Giovedì 2 Maggio 2019, 16:08 - Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 17:15

Restano in carcere Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci, i due arrestati per violenza sessuale di gruppo avvenuta a Viterbo l'11 aprile scorso. Lo ha deciso il gip Rita Cialoni, che ha rigettato le istanze di scarcerazione avanzate dai due indagati al termine dell'interrogatorio di garanzia.

Il giudice, nelle motivazioni con cui ha confermato il carcere, afferma che continua a sussistere il rischio di inquinamento probatorio. A venti giorni da quella violenza «inaudita» messa in atto in modo «beffardo e sprezzante», è ancora la paura a dominare la mente della donna vittima dello stupro di Viterbo. Paura che i suoi due aguzzini, militanti di Casapound, possano, una volta scarcerati, tornare a minacciarla per «farle rimangiare» quanto raccontato agli inquirenti.

La donna ha affidato al suo legale, l'avvocato Franco Taurchini, il racconto di queste ore terribili la 36enne che il 12 aprile scorso è stata violentata per ore in un pub, l'«Old manners», adibito ad una sorta di circolo frequentato dai militanti del movimento di estrema destra. 


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E il timori di possibili minacce alla donna per farla ritrattare starebbe orientando la procura verso la richiesta di incidente probatorio. «Ho paura, ho ancora molta paura per quello che è successo, spero che restino in carcere», ha detto al donna al suo legale. La vittima è ancora profondamente scossa per quanto accaduto al punto che gli inquirenti, pronti a chiedere un incidente probatorio per cristallizzare la sua testimonianza, stanno attendendo che ritrovi la forza per affrontare l'atto istruttorio irripetibile. 

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«Siamo pronti a verbalizzare quanto denunciato nei giorni scorsi - afferma il legale della donna -. La mia assistita teme di essere minacciata per rimangiarsi quanto raccontato. È ancora molto scossa psicologicamente, è una situazione difficile da affrontare». Intanto agli atti dell'indagine, oltre ai video girati dai due indagati, Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci, anche una serie di messaggi trovati sui loro cellulari. Tra questi anche uno del padre del Licci che intima al figlio di «cancellare i video e le foto» che mostrano le fasi della violenza sessuale. Dal punto di vista penale, in base a quanto si apprende, il padre del giovane non rischia l'iscrizione nel registro degli indagati in quanto parente dell'arrestato. In totale sono tre i video e quattro le foto della violenza che hanno fatto il giro delle chat Whatsapp nella cerchia di amici e militanti politici dei due indagati nei giorni successivi ai fatti. La volontà di condividere le scene di violenza e sopraffazione messa in atto nei confronti di una persona in stato di semincoscienza come una sorta di «trofeo».

Nei frame si vedono «reiterati abusi», scrive il gip nell'ordinanza, portati avanti tra risate, minacce e gesti che sono indice di «un mancato controllo degli impulsi». Uno stato che, tra l'altro, è evidente già nelle prime immagini registrate: c'è la donna a terra priva di sensi, uno dei due militanti che le solleva il braccio e lo lascia ricadere senza trovare opposizione, prima di iniziare a denudarla e a violentarla. Per il giudice sussiste «un gravissimo quadro indiziario di colpevolezza in ordine al reato per il quale c'è la richiesta cautelare nei confronti di entrambi gli indagati». I due restano, intanto, in attesa della decisione del gip che nei prossimi giorni dovrà decidere in mertio alla richiesta di scarcerazione o attenuazione della misura cautelare.​

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