Durante l'incontro, gli esperti si sono trovati d'accordo sulla «necessità di proseguire programmi di formazione dedicati alla valorizzazione della trigliceridemia come fattore di rischio cardiovascolare», ha spiegato Marcello Arca, associato di Medicina interna all'Università Sapienza di Roma. Arca ha aggiunto che uno degli aspetti considerati nel corso dei lavori è stato quello di porre attenzione «a tutti gli strumenti terapeutici che si hanno a disposizione per controllare la trigliceridemia, soprattutto in quei pazienti che hanno già avuto una manifestazione ischemica e in cui esiste un rischio residuo legato a valori non ottimali».
Oggi quindi, ha evidenziato Roberto Pontremoli, nefrologo e ordinario di Medicina interna all'Università degli Studi di Genova «il medico e il paziente devono sapere che anche quando il colesterolo Ldl è controllato in maniera ottimale con la terapia, in pazienti ad alto rischio cardiovascolare, è possibile fare di più». «In particolare, è possibile una terapia specifica che, riducendo i valori dei trigliceridi, può ridurre ulteriormente il rischio di avere eventi cerebrocardiovascolari e anche renali.
Una novità, questa, in termini di comunicazione, perché può consentire a molti medici e a molti pazienti di fare un ulteriore passo verso un miglioramento della prognosi», ha concluso Pontremoli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA