Pressioni su Ama, Raggi ora teme altri audio. Di Maio: con lei sempre così

Pressioni su Ama, Raggi ora teme altri audio. Di Maio: con lei sempre così
di Ernesto Menicucci
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Venerdì 19 Aprile 2019, 01:05 - Ultimo aggiornamento: 15:57

Alle sei della sera, quando il sole sta per tramontare, l’unica Raggi visibile in Campidoglio è una sua sosia, “reginetta” della protesta delle femministe contro la sindaca. Lei invece, Virginia, è nel suo studio con affaccio sui Fori, davanti ad un manipolo di “fedelissimi”: gli avvocati che la difendono, lo staff nella forma più ristretta. Gli audio dell’ormai ex ad di Ama Lorenzo Bagnacani sono in circolo sul web da circa tre ore e il timore che aleggia nello studio, e nelle stanze del Campidoglio, è uno solo: «Quanti altri audio verranno resi noti? E quali? Li possono utilizzare?», chiede la sindaca ai legali. 

Il fatto che i suoi colloqui con il manager della municipalizzata dei rifiuti fossero registrati, infatti, non la coglie di sorpresa. Nè lei e neppure quelli del “cerchio magico”: «Lo sapevamo tutti che Bagnacani registrava con il suo I-pad: spesso li faceva sentire anche quei colloqui». Il problema, però, sotto la coltre del «va tutto bene», è capire quali file sono in possesso della Procura e anche della stampa. 

L’IMBARAZZO M5S
Perché è evidente che, nel Movimento Cinque Stelle romano e nazionale, sembra di essere tornati ai primi mesi del mandato Raggi: lì erano le chat a preoccupare sindaca ed entourage, oggi è cambiato solo il supporto digitale. Una ripetitività di situazione che imbarazza i vertici nazionali grillini, che ieri non si sono certi sperticati in difese della sindaca. Ufficiosamente, la vicenda viene bollata con «è una cavolata, il nulla», ma Luigi Di Maio con i suoi ha reagito quasi con un moto di stizza: «Con la Raggi è sempre così...», l’hanno sentito dire. E, nel corso del pomeriggio, capo politico e sindaca si sono scambiati una serie di messaggi: «Com’è questa vicenda di Ama?», la domanda di Di Maio.

«Riguarda il bilancio non approvato», la risposta. Per i pentastellati il tema era una chiaro: «Ma su Siri possiamo continuare ad attaccare?». Il rischio-boomerang era dietro l’angolo. Da oggi, i cinquestelle sono – spiegano – «tra l’attesa e l’irritazione». Gli esponenti pentastellati di spicco sono alla finestra: «Quell’audio è illegittimo – ragiona uno di loro – poi si vedranno gli sviluppi. Su questa vicenda non c’è un’indagine, se poi ci fosse si vedrà il da farsi». Raggi, con i consiglieri di maggioranza, tace. 

LE CHAT INTERNE
Nessun intervento nelle chat interne, nè su questo, né su altri argomenti. Le opposizioni, Pd e FdI, chiedono che vada in aula a riferire, tre consigliere dem “occupano” simbolicamente l’aula Giulio Cesare, il presidente facente funzioni Enrico Stefàno (che ha preso il posto dell’arrestato Marcello De Vito) chiude un occhio e neppure le espelle dall’aula. Riti stanchi, di una stanca politica romana, dove certe scene – con attori, protagonisti e ruoli diversi – si ripetono da oltre un decennio. Virginia, al suo tavolo, prepara la strategia difensiva. Lei, e i suoi legali, si affrettano a far sapere: «La sindaca non è indagata». E ad alcuni consiglieri viene un dubbio: «Ma ci sono stati contatti con la Procura?». Lei studia cosa dire, per quando andrà la sera a “Piazza Pulita” e per i giorni successivi. L’imbarazzo, comunque, è tangibile. Anche per il linguaggio che emerge da quei colloqui: «Sì, ho detto delle parolacce perché sono incazz...», si sfoga Raggi su Fb. Mentre sul resto, la linea difensiva ripetuta anche ad alcuni dirigenti capitolini, è sempre la stessa: «Non ho detto nulla di strano.

Bagnacani doveva approvare il bilancio, perché avevo fior di pareri legali che supportavano questa scelta. E quando dico che la città è una m... sto criticando il lavoro dell’ad di Ama». L’affondo, anche con i collaboratori, è tutto sugli “alleati-avversari”: «Se pensano di mischiare un chicco d’uva con tutto il grappolo, si sbagliano di grosso», la rincuorano i grillini. Dove il chicco sarebbe la vicenda Ama, il grappolo l’inchiesta sul sottosegretario leghista Siri. Raggi, a telecamere spente, insiste: «Non mi dimetto, non riusciranno a farmi cedere». Ma le ombre, sul rapporto sempre più complicato tra M5S e Lega, si allungano.

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