Alto Adige, a caccia di Stelle fra l’Alta Badia e la Val Gardena

Alto Adige, a caccia di Stelle fra l’Alta Badia e la Val Gardena
di Alessandra Iannello
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Martedì 16 Aprile 2019, 15:02 - Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 13:38

Otto stelle in pochi chilometri, questo uno dei record dell’Alto Adige che ha fatto di questa regione il fiore all’occhiello dell’enogastronomia italiana. Innumerevoli i motivi di questa densità di riconoscimenti da parte dell’autorevole guida ma il denominatore comune è da ricercarsi nel connubio fra la grande varietà di materie povere che sono presenti nel territorio e le capacità degli chef di elevarle in ricette gourmet. Altro tratto comune è che tutti i ristoranti stellati sono all’interno di un albergo.
 

 


In Val Badia c’è la più alta densità Stelle ben 6 che si suddividono fra il St. Hubertus (3 Stelle), il Siriola (2 Stelle) e La Stüa de Michil (1 Stella). «La Val Badia – spiega Norbert Niederkofler, del St. Hubertus dell’hotel Rosa Alpina di San Cassiano - è da sempre famosa per la sua cucina. Infatti il primo ristorante che ha conquistato la Stella nel 1987 è stato la Stüa Bianca, oggi Stüa de Michil, dell’hotel La Perla di Corvara. Io penso che la chiave del successo siano gli albergatori che hanno sempre investito molto per innalzare la qualità dei loro ristoranti».

Tornato in Valle dopo innumerevoli esperienze in giro per il mondo Niederkofler è uno degli artefici più attivi del fermento enogastronomico del territorio. «Ho lasciato la Valle – ricorda lo Chef – che avevo 17 anni per ritornare quando ne ho compiuti 35. In quegli anni non ho lavorato solo in cucina, ma ho anche realizzato eventi. Quindi tornato qui, per rivedere gli amici chef con cui ero entrato in contatto nella mia carriera, ho organizzato la Chef’s Cup mentre qualche settimana fa si è conclusa la quarta edizione di Care’s.

In questo lasso di tempo ho portato in Val Badia oltre 450 dei migliori cuochi di tutto il mondo». Conclusisi pochi giorni fa, Care’s - Ethical Chef’s Days hanno visto la partecipazione di 30 cuochi provenienti da 13 paesi di tutto il mondo per un totale di 28 Stelle Michelin. Fra loro anche big come David Kinch, 3 Stelle Michelin con il suo Maresa di Los Gatos in California, Dominique Crenn, prima donna tristellata degli Stati Uniti e quarta al mondo dell’Atelier Crenn di San Francisco, o Paolo Casagrande chef italiano 3 Stelle Lasarte di Martín Berasategui a Barcellona. 

«Non per vantarmi – continua Norbert - ma molti degli chef che hanno conquistato la Stella sono passati per la mia cucina. Il complimento più grande che ho mai ricevuto me lo ha fatto il direttore della Michelin Italia quando abbiamo preso la terza Stella: “Noi non abbiamo voluto valorizzare solo il tuo lavoro ma anche quello che tu hai fatto per gli altri. Hai formato 15 giovani che ora sono in giro per l’Italia e hanno conquistato le Stelle”. Io sono molto duro con i miei ragazzi ma voglio che loro capiscano non solo la cucina ma anche la parte umana ed economica di un ristorante».

La cucina di Niederkofler si basa sul concetto “cook the mountain”, una filosofia di vero chilometro zero. Unico al mondo in questo genere ad aver conquistato 3 Stelle Michelin, Niederkofler è un purista dell’ingrediente di montagna al punto tale che nei suoi piatti non viene usato nemmeno l’olio di oliva perché l’olivo non viene coltivato in Valle. «La maggior parte della clientela del St. Hubertus è internazionale – spiega Niederkofler – e quando arriva qui vuole assaggiare i sapori di queste montagne. Così ho virato verso i prodotti del territorio per valorizzare le piccole realtà locali. L’effetto sul tessuto circostante è stata la nascita di una filiera di oltre 50 produttori-contadini che genera un giro d’affari che può raggiungere i 5-6 mila euro il mese a famiglia. Abbiamo eliminato del tutto gli intermediari, così tutto il ricavato va direttamente ai contadini-allevatori. Si tratta per lo più di giovani famiglie con bambini che sono tornati a far rivivere i masi e hanno riscoperto lavori antichi».

Fra gli allievi di Niederkofler c’è Nicola Laera, de La Stüa de Michil. «La mia filosofia – spiega Nicola –nasce dall’unione delle provenienze dei miei genitori. Mio papà è pugliese e mia mamma è badiota. Quindi per me la cucina di montagna e quella pugliese sono i due pilastri. Qui abbiamo prodotti che vanno lavorati molto mentre quelli pugliesi sono eccellenti senza bisogno di lavorazioni ulteriori. Quindi i mie piatti uniscono la semplicità di prodotti che non hanno bisogno di nessun intervento e lo studio per valorizzare al meglio i prodotti della montagna». Nascono così piatti dagli accostamenti insoliti come lo spaghetto con il granchio e la puccia (pane di segale locale) oppure la testina di vitello in crosta con il pane locale e le capesante ma anche i cavatelli di grano arso conditi con pesce San Pietro, friarielli, scamorza affumicata, taralli e bottarga.

Scavalcato il Passo Gardena si scende nell’omonima valle. Qui gli stellati sono due l’Anna Stuben dell’hotel Gardena di Ortisei e l’Alpenroyal Gourmet Restaurant dell’omonimo hotel di Selva Val Gardena.
La cucina 1 stella dell’Anna Stuben è capitanata da Reimund Brunner. Nella sua cucina convivono prodotti locali come la "Villnösser Brillenschaf", la pecora con gli occhiali che vive solo in Val di Funes, o il manzo dell’Alto Adige che frolla per 8 settimane in speciali frigoriferi con sale dell’Himalaya insieme ai gamberi rossi di Mazara del Vallo o al tartufo nero di Norcia. 

«Il segreto della mia cucina – dice Reimund – è la Val Gardena e i suoi prodotti.
Le materie prime sono per lo più della zona ma mi piace anche inserire prodotti che vengono da lontano».

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