Ognuno finisce in una gabbietta per essere trasferito in un gattile convenzionato col Comune. La donna è disperata, senza i suoi 47 gatti si sente persa. Allora trova una soluzione. Cambia residenza, sceglie un casale sul lungomare vicino Roma e chiede all’autorità giudiziaria la restituzione delle sue bestiole. I primi di febbraio i gatti vengono dissequestrati per ordine del giudice. È allora che per la signora, molto affezionata ai suoi gatti, si apre l’incubo. I funzionari incaricati del dissequestro non ottemperano subito. Solo dopo alcuni giorni, e il deposito della prima denuncia, alla donna vengono riconsegnati solo 17 gatti. Ed è allora che apprende che altri 7, chi più anziano chi con la salute cagionevole, invece, non ce l’avevano fatta, erano morti. Gli altri spariti. All’appello ne mancavano 23. «Rivoglio i miei gatti», insiste la signora. «Li voglio tutti, nella nuova casa». È allora che scopre che i gatti spariti non si sono volatilizzati, non sono stati soppressi, ma semplicemente dati in affidamento temporaneo. Materia di una seconda denuncia, l’appropriazione indebita. Dal gattile le informazioni sembrano arrivare col contagocce. I nomi di chi ha avuto Fufi, Romeo, Chicco e gli altri venti “fratellini”, in affidamento non viene rivelato per una questione di privacy. In procura è stato aperto un fascicolo. Non è chiaro se i “nuovi” padroni dei 23 gatti spariti vogliono evitare la restituzione perché preoccupati per la gestione della signora, una gattara con una media di 44 gatti in casa, o perché ritenevano di averli avuti in adozione e non se ne vogliono separare. La gattara ha il dissequestro in mano e pretende risposte giudiziarie. O semplicemente i suoi 23 gatti.
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