L’obbligo di vaccino e il tentativo di cambiare una legge che funziona

L’obbligo di vaccino e il tentativo di cambiare una legge che funziona
di Elena Cattaneo*
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Mercoledì 10 Aprile 2019, 00:00
La reintroduzione dell’obbligo vaccinale è stata una delle più importanti leggi di sanità pubblica della scorsa legislatura. Tutte le rilevazioni ad oggi disponibili confermano che quel provvedimento sta funzionando. Eppure questa settimana la Commissione sanità del Senato ha ripreso la discussione del disegno di legge che vorrebbe “superarlo”. L’esigenza di un cambiamento “costi quel che costi” vorrebbe imporsi sulla necessità di rispondere a un’emergenza, da cui quella legge è nata e che richiede del tempo tecnico - anni - per potersi dichiarare superata.

Questo cambio di paradigma arriva proprio mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) inserisce l’esitanza vaccinale tra le dieci maggiori sfide per la salute, considerandola una delle più grandi minacce per l’umanità perché “rischia di invertire i progressi compiuti nella lotta contro le malattie prevenibili con il vaccino”.
Nel XX secolo, ben 1,7 miliardi di persone sono morte per malattie infettive. Secondo stime dell’Oms, nel decennio che stiamo vivendo i vaccini salveranno dalla morte 25 milioni di persone: 7.000 persone al giorno, 300 ogni ora, cinque al minuto. Sul fronte della spesa sanitaria, inoltre, è stato ad esempio calcolato che la gestione di un ragazzo colpito da morbillo, che ha comportato 58 contagi certi tra i 3351 potenziali contatti, ha richiesto 10 mila ore di lavoro e un costo di quasi 400 mila dollari per il Dipartimento alla Salute di New York. Questi numeri sono inequivocabili. Nel 2015, sempre l’Oms ha ufficialmente richiamato il nostro Paese per il calo nella copertura dei vaccini pediatrici, confinandolo al penultimo posto tra i Paesi dell’Ue. 

Questi eventi hanno spinto il governo Gentiloni a proporre la reintroduzione dell’obbligo vaccinale. Nel luglio 2017 è stata adottata una legge che porta le vaccinazioni obbligatorie (e gratuite) a dieci, rendendole un requisito necessario per la frequenza scolastica di bambini e ragazzi di età compresa tra 0 e 16 anni. Il mancato rispetto della prescrizione comporta l’esclusione dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia e, per chi frequenta la scuola dell’obbligo, una multa da 100 a 500 euro.

La legge, inoltre, già prevede, ogni tre anni, una valutazione della sua efficacia da parte delle Autorità sanitarie sulle coperture raggiunte per morbillo, rosolia, parotite e varicella. È poi compito del Ministro della Salute, acquisiti i pareri parlamentari e della Conferenza Stato-Regioni, disporre l’eventuale cessazione dell’obbligatorietà di tali vaccinazioni. 
Con il cambio di governo e maggioranza, dopo appena un anno dalla sua entrata in vigore, la legge sull’obbligo vaccinale è stata presa di mira da vari interventi, spesso contraddittori, col risultato di creare confusione su un tema delicatissimo. Ma nonostante l’alternarsi di circolari ministeriali, emendamenti “anti-vax” e “anti-obbligo” al Senato e “pro-vax” alla Camera, richieste di decretazione d’urgenza da parte del Ministro degli interni, in vista di una nuova legge connotata dall’ossimoro dell’ “obbligo flessibile”, i numeri confermano che la legge attuale sta funzionando: le coperture sono in risalita. 

Sarebbe quindi scientificamente ragionevole, medicalmente opportuno e socialmente desiderabile che il testo restasse in vigore fino al suo primo “tagliando triennale” per poterne pesare in concreto gli effetti sulla base dei dati epidemiologici raccolti. Ulteriori interventi volti a modificarlo fino a rendere inefficaci obbligo e sanzioni esporrebbero il Paese a nuovi rischi oltre a vanificare l’importante impegno civile, sociale e economico intrapreso. Per questa ragione ho condiviso con i colleghi della Commissione sanità del Senato alcuni emendamenti che, fatto salvo il giusto obiettivo di potenziamento dell’anagrafe vaccinale nazionale, eliminano, o almeno rinviano, gli effetti di una eventuale nuova disciplina. Così come ritengo condivisibili quegli importanti emendamenti volti a estendere al personale sanitario e scolastico l’obbligo vaccinale e anche la recente proposta del Ministro Grillo di prevedere alcune vaccinazioni tra i requisiti obbligatori per l’accesso ad alcuni concorsi e professioni.

Un’epidemia ha bisogno di diversi mesi, più spesso anni, per potersi dire superata. Finché non saranno raggiunte e mantenute soglie di sicurezza tali da assicurare l’immunità di gregge per tutte le malattie per le quali oggi esiste un vaccino, l’obbligo è l’unico strumento in grado di proteggere fasce fragili della comunità, come i neonati in età prevaccinale e gli immunodepressi da trapianti, malattie oncologiche o autoimmuni, dai rischi letali che correrebbero entrando in contatto con bambini non vaccinati. Virus e batteri non sono affatto spariti, né si fermano al confine tra una Regione e l’altra. Quando trovano un organismo non immunizzato lo attaccano. Ecco perché, anche se l’aver sancito un obbligo non va considerato un traguardo, affossare una legge che funziona sarebbe irresponsabile - comunque la si pensi sui vaccini. 
*Docente alla Statale
di Milano e Senatore a vita
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