Alessandro Orsini

Partita con la Francia/Ora l’Italia deve correre ai ripari sulla Libia

Partita con la Francia/Ora l’Italia deve correre ai ripari sulla Libia
di Alessandro Orsini
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Venerdì 5 Aprile 2019, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 15:04
Il generale Haftar marcia verso Tripoli e minaccia di assumere il controllo della città. Sarebbe un grave rovescio per il governo Conte. 
L’Italia aveva infatti ricevuto il compito di aiutare il governo di Tripoli, nato nel 2016 sotto l’egida dell’Onu, a riunificare la Libia in modo pacifico e consensuale. Quando però al governo rivale di Tobruk è stato chiesto di sciogliersi, in cambio di molti benefici e tante garanzie, lo scioglimento non c’è stato e si è creata una situazione di stallo, con un aggravante per l’Italia. Mentre il governo di Tobruk si rafforzava grazie al sostegno di Egitto, Francia, Russia e Emirati Arabi Uniti, il governo di Tripoli si indeboliva sempre di più.

Con il passare del tempo, la missione dell’Italia è parsa irrealizzabile. Non soltanto il governo di Tobruk non ha accettato di sottoporsi all’autorità del governo di Tripoli, ma oggi esiste addirittura il pericolo che Tripoli venga assoggettata da Tobruk. E allora l’Italia incasserebbe un doppio fallimento. Il primo, perché la Libia è stata riunificata da Tobruk, anziché da Tripoli; il secondo, perché è stata riunificata con la forza, anziché con la pace. Il generale Haftar, che opera per il governo di Tobruk, minaccia da tempo di marciare su Tripoli e sembra proprio che questa minaccia stia prendendo corpo con la conquista di Garian. 

Se accadesse, i danni per l’Italia sarebbero almeno tre. Con una Libia guidata da Tobruk, le imprese italiane dovrebbero ridiscutere permessi e concessioni e il governo Conte dovrebbe aprire una nuova stagione di dialoghi per disciplinare i flussi migratori. Inoltre, l’Italia non ha sostenuto Tobruk, ma Tripoli. Questo non implica che il governo di Tobruk sarebbe per forza ostile all’Italia, ma è un fatto politicamente ovvio che, dovendo accontentare una lunga fila di richiedenti, Tobruk darebbe la precedenza ai Paesi da cui ha ricevuto appoggio, tra cui la Francia, grande rivale dell’Italia in Libia. L’ultimo danno, e siamo a tre, è che una volta caduta Tripoli, l’Italia perderebbe credibilità sul piano internazionale. Al governo Conte era stato infatti attribuito il compito di presidiare un metro quadrato del globo terracqueo - Tripoli è un puntino sul mappamondo - senza riuscirci. 


La domanda è: nel caso in cui Haftar arrestasse la marcia verso Tripoli, e l’Italia avesse tempo per riflettere, che cosa dovrebbe fare? La risposta è semplice: l’Italia dovrebbe cambiare strategia. Finora, i governi italiani - Renzi, Gentiloni e Conte - hanno operato per unificare la Libia sotto Tripoli, ma è chiaro, ormai da tempo, che non accadrà. La Libia non è questione di volontà individuale, ma di struttura delle relazioni internazionali e, quindi, di forze oggettive. L’Italia vuole riunificare la Libia, ma non può. L’ha dimostrato la conferenza di Palermo del 12 novembre 2018, presieduta da Conte, conclusa con un nulla di fatto. Il problema non sono le spinte incessanti dell’Italia verso la riunificazione, ma le controspinte di Russia, Egitto, Francia ed Emirati Arabi Uniti. In sintesi, l’Italia dovrebbe operare per ottenere una divisione della Libia in due Stati sovrani e indipendenti formati da Cirenaica e Tripolitania, con un dialogo tutto da avviare sul futuro della regione del Fezzan. Per riuscire in una simile impresa, l’Italia ha bisogno di un potente alleato nel Mediterraneo con cui bilanciare la forza preponderante del blocco di Tobruk. Tale alleato non può che essere la Turchia, già schierata con l’Italia al fianco di Tripoli, come ha dichiarato l’ambasciatore turco a Roma, Murat Salim Esenli, proprio su queste pagine. Vi è infatti un modo per nutrire la speranza di prevalere contro un avversario più forte e si chiama “strategia”. I rapporti di forza sono talmente sbilanciati in favore di Haftar che la presa di Tripoli è ormai soltanto una questione di occasione propizia. Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite, ha manifestato tutta la sua preoccupazione per una resa dei conti armata in Libia. “Sono profondamente preoccupato per i movimenti militari in Libia e per il rischio di uno scontro”, ha scritto in un post su Twitter, giovedì 4 aprile. 

aorsini@luiss.it
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