Soprattutto tra le Forze dell’ordine, che da anni operano sulle strade risparmiando sulla benzina e magari cannibalizzando le rottamazioni per sostituire pezzi altrimenti introvabili. Senonché è stato lo stesso vicepremier Di Maio a smentire questa necessità, promettendo una rapida inchiesta sulla dinamica dell’accaduto. Con ciò ammettendo sia l’inutilità dell’acquisto, sia la scarsa vigilanza di chi era deputato a gestirlo, cioè dello stesso governo, azionista unico della società contraente. Ma è proprio questa iniziativa a far emergere, ancora una volta, le contraddizioni del Movimento pentastellato. Perché mentre per qualsiasi altra forza politica una simile “distrazione” poteva costituire un peccato veniale di superficialità e indifferenza, così non è per un partito che ha fatto dell’attenzione alle finanze pubbliche e del contrasto allo spreco un intangibile comandamento della propria bibbia elettorale. Un poco come è avvenuto per la lotta alla corruzione, altro precetto solenne tradottosi nel pomposo decreto spazzacorrotti, definito dallo stesso vicepremier come la pietra tombale di questo pernicioso fenomeno. Salvo vedersi arrestare poco tempo dopo un autorevole esponente romano, con un’altrettanto imbarazzante sequenza di indagati per reati connessi.
A conferma che la pietra lanciata dall’uomo, come diceva Schiller, appartiene al diavolo, il quale, secondo un proverbio più rustico, ti fa correre dove non vorresti neanche camminare.
Una conseguenza anche più grave di questo ennesimo pasticcio è tuttavia costituita da un rischio: che nell’enfasi purificatrice di un’inchiesta indiscriminata si elimini quel tanto - o quel poco - di buono che poteva giustificare questo contestato commercio. Perché è vero che la sola espressione “auto blu” evoca irritati sentimenti di diffidenza e di ostilità, e che se c’era un momento meno adatto a spese superflue era proprio questo. Così come è vero che molte gratificazioni sono assolutamente inutili e costose, e permangono come residuo di status symbol cui i titolari sono aggrappati con supponenza tignosa. Auto e scorte concesse a tanti “ex” non hanno alcuna giustificazione, e la loro pubblicazione susciterebbe l’ira dei contribuenti. Ma è anche vero che alcuni servizi di protezione e di rappresentanza sono insopprimibili e, per ragioni di sicurezza e anche di dignità istituzionale, non possono esser svolti da catorci. Forse sarebbe proprio questo il punto da chiarire: quali siano i reali bisogni dei vari organi, e in particolare delle Forze dell’ordine, per svolgere i propri compiti in modo adeguato, senza privilegi odiosi e senza omissioni imprudenti. Insomma una buona opportunità per una revisione generale di utilizzo di risorse e di razionalizzazione delle spese. E lo stesso Di Maio potrebbe trarne, questa volta, una sorpresa gradita.
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