La chiusura della stazione Metro A di piazza della Repubblica, sbarrata da cinque mesi, andrà per le lunghe, fino a metà maggio. Un tempo infinito che s’abbatte come una scure sulle attività commerciali. Meno trenta-quaranta per cento. Rischio di chiusura alle viste. Già in molti hanno abbassato le saracinesche. Soffrono increduli i turisti usciti dalla vicina stazione Termini, costretti a trascinare i bagagli. S’arrabbiano gli utenti, obbligati a considerare zona off limits gran parte del centro storico, dopo il blocco delle altre due porte della Metro, piazza di Spagna e Barberini. Saranno agibili, forse, per Pasqua.
C’è qualcosa di surreale, oscuro, inspiegabile nella maledizione contagiosa sull’underground romano. Qui, addirittura, non si trovano i pezzi di ricambio, dicono. Per altri quei pezzi restano in magazzino perché chi li deve comprare poi non li paga. Si assiste ad una inerzia amministrativa che sgomenta, un disincanto quasi programmato, uno sfacelo progressivo. Un vecchio adagio, adattato alle scale mobili, recita: il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale. Chissà se il sindaco Raggi ha mai pensato, profittando delle scale in tilt, di scendere. Dal Campidoglio. Una discesa tra gli applausi. Questo è sicuro.
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