Bianca Guaccero e gli attacchi di panico, sfogo a Radio2: pensavo di vivere in una società più aperta, sto ancora cercando me stessa

Bianca Guaccero e gli attacchi di panico, sfogo a Radio2: pensavo di vivere in una società più aperta, sto ancora cercando me stessa
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Mercoledì 27 Marzo 2019, 11:27 - Ultimo aggiornamento: 16:22

«Mi fa scalpore il fatto che sia ancora un tabù parlare di certe cose. Pensavo di essere in una società un po' più aperta», confessa Bianca Guaccero parlando del suo problema legato agli attacchi di panico ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format "I Lunatici".

«Mi dispiace, poi, quando si minimizza sulle cose, magari veicolando dei messaggi sbagliati. Affermare che i miei attacchi di panico siano passati grazie a un fidanzamento, è veicolare un messaggio sbagliato. Nel mio libro ('Il tuo cuore è come il mare', ndr) ho affrontato l'argomento con grande delicatezza, per descrivere quello che stavo vivendo. Ridurre il tutto al fatto che mi 'sono passati gli attacchi di panico perché mi sono messa con Ventola' è una riduzione stupida, che non aiuta a capire. Non erano quelli gli strumenti giusti da dare in mano a chi sta vivendo una cosa del genere». 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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«È un percorso lungo, che necessita una ricerca interiore, perché gli attacchi di panico non arrivano dal niente, ma da ciò che ognuno di noi si porta dentro. Bisogna capire perché il corpo a un certo punto ci invia certi segnali. Nel mio caso, erano segnali legati alla tanta energia che avevo dentro, che era compressa per delle sovrastrutture che io avevo addosso, delle identificazioni, che non mi facevano sentire libera».

Sul suo aspetto esteriore: «Io mi ritengo una ragazza normale, sono alta normale, sono una persona normale, che può piacere o meno. Mi alzo la mattina e a volte non mi piaccio, in questo periodo inizio a vedermi le prime rughe, ma tralasciando questo argomento, per me l'aspetto fisico è stato una sorta di gabbia, non per me ma per gli occhi di chi guarda. A volte questo crea come una sorta di limite umano nel voler ascoltare l'urlo che viene da dentro e che poi è il mondo che ciascuno di noi si porta dietro». 

«Io fin da molto piccola mentre tutti gli altri andavano a ballare in discoteca spensierati mi domandavamo perché esistevamo, perché c'erano le stelle in cielo, mi domandavo il perché per qualunque cosa e non avevo risposta. Mi rinchiudevo un po' nel mio mondo. Spesso mi veniva risposto che avrei dovuto pensare a divertirmi. E' per questo che spesso mi sono sentita diversa. Non migliore, diversa. Spesso mi chiedevo perché mi capitasse di stare così. Piangevo per questo. Poi, piano piano, la mia natura l'ho cercata nel mondo, la sto ancora cercando, e sto cercando di capire chi sono».

Sugli esordi: «Mia padre si accorse della mia timidezza e mi portò con l'inganno a partecipare al provino del mio primo film, 'Terra bruciata', quando avevo 16 anni. Cercavano una ragazza bruna, di 16 anni, selvaggia. Mia madre quando lesse la parola selvaggia mi accompagnò lì, senza dirmi niente. Mi arrabbiai molto, ma feci il provino e mi scelsero».  

La conduttrice di Detto Fatto ha poi parlato del programma che conduce: «È una sfida quotidiana. Cerchiamo tutti i giorni di metterci alla prova, di non abbassare mai la guardia, di capire cosa funziona e cosa no. Per me è una grande palestra, una grande scuola, dove ho il privilegio di avere la possibilità di migliorarmi tutti i giorni. E' una avventura bellissima. Guardavo Detto Fatto con la Balivo, per me Detto Fatto era lei, ho cercato di entrare in punta di piedi, curiosa di scoprire come mi avrebbero accolta, ma ero talmente entusiasta, talmente felice, che l'ho fatta dandomi senza riserve. Alla fine ho capito il grande lavoro che ha fatto Caterina, per diversi anni. Detto Fatto è una maratona, lei ha creato questo programma insieme a tutti gli autori, che sono la colonna portante della trasmissione. Ce ne sono tantissimi, sono giovani, preparati, ligi al lavoro. Sono i primi ad entrare e gli ultimi ad uscire dagli studi. Detto Fatto è una grande famiglia».

E sul libro: «Mi è uscito, come un fiume un piena, come un frutto maturo che doveva cadere dall'albero.
E' arrivato nel momento giusto. Parlo di me, della magia di essere diventata mamma, di quello che la vita mi ha insegnato, di quello che vorrei far capire a mia figlia, a me stessa e a chi avrà la volontà e il piacere di leggerlo. Non bisogna aver paura di avere paura, non bisogna avere paura del dolore o delle lezioni che ci dà la vita. Ci sono dei passaggi della vita che sono obbligati, altrimenti non potremmo diventare quello che siamo. Sono una mamma che lascia una molta libertà d'azione. Guardo mia figlia, la osservo muoversi nel mondo, però ci sono, sono presente, sto attenta se mi accorgo che è in pericolo o è in difficoltà. Ho sempre cercato di spiegarle e di raccontarle tutto quello che accadeva. Da quando le ho tolto il pannolino. Come se ogni volta le fornissi delle piccole istruzioni per non farla trovare davanti al fatto compiuto. Spero possa leggere questo libro nelle varie fasi della sua vita e che capisse che io semplicemente la esorto non a rinchiudersi in delle barriere fatte di regole o di un'etica che io le voglio dare, ma a far venire fuori ciò che è lei davvero».

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