Amici, il tenore Vittorio Grigolo è il nuovo direttore artistico: «Il mio sogno è un camionista che canta "Vincerò"»

Vittorio Grigolo, tenore, 42 anni
di Simona Antonucci
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Sabato 23 Marzo 2019, 17:55 - Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 13:26

«Rodolfo? Sarà pure un bohémien, ma è tutto meno che uno stupido. La sua donna, Mimì, la protegge». E Romeo? «Che carattere. Io l’ho portato all’Arena di Verona qualche anno fa, mi sono sentito un gladiatore». Il tenore Vittorio Grigolo, 42 anni, è stato appena nominato direttore artistico di Amici, trasmissione cult di Maria De Filippi: sarà il coach della squadra che dovrà vedersela contro quella allenata da Ricky Martin negli appuntamenti serali di Canale 5. Ed è già carico: «Il mio sogno è un camionista che canta "Vincerò"».
 

 


Intanto presenta i suoi uomini, «eroi romantici, maschi veri», personaggi di cui canta passioni e debolezze, vizi e virtù, nei teatri d’opera di tutto il mondo. Il Duca del Rigoletto.
«Giovane pure lui, ma è già un re, un padrone, cosciente del suo potere. Per un attimo, in un’aria, si lascia andare ai sentimenti, ma poi ritorna subito con “La donna è mobile” e alla certezza che a lui nessuna può dire di no».

Oltre che contemporanei, i suoi personaggi diventano seducenti.
«Un Romeo con la pancia non si può vedere... E come lo scavalca il balcone!»

Lei è considerato un tenore divo, acclamato come il nuovo Pavarotti: si sente veramente così?
«Sono un passionale, capace di scappare a Los Angeles, tra una replica e l’altra di Rigoletto al Met di New York, per “convertire” le star degli Oscar in un recital a suon di “bella figlia dell’amore, schiavo son de’ vezzi tuoi”. Gli idoli del rock saranno pure famosi, ma questa musica ti apre le porte dell’anima».

Ha dimostrato presto il talento, fascino e la determinazione che poteva mettere a disposizione della lirica: nello studio di un dentista. 
«A quattro anni, appena arrivato a Roma da Arezzo dove sono nato, mentre aspettavamo il turno, sento qualcuno nella stanza accanto che intona un’aria e gli vado dietro. Nessuna sapeva che potevo cantare così, forse neanche io».

Il coro della Cappella Sistina lo “adotta” all’istante e a 17 anni nei panni del pastorello di Tosca debutta al Teatro dell’Opera di Roma, condividendo la scena con Big Luciano.
«Ho ancora una sua letterina dove mi scrisse: non mollare mai, hai talento».

Alla Scala inanella un altro primato: il più giovane cantante ad aver debuttato nel tempio. E poi Covent Garden, Opera di Parigi, Met, Vienna, concedendosi un disco pop.
«“You Are My Miracle” nel 2006. Un milione di copie. “Le stelle che tu conterai... te le regalerò”, è il leitmotiv. E poi un duetto con il mito Brian May intonando Lucean le Stelle a Verona: sono cresciuto con i Queen anche io».

E ora un ritorno nell’Arena dove quest’estate sarà di nuovo Alfredo nella Traviata kolossal targata Zeffirelli.
«Nel frattempo sono cresciuto, sbagli, amori, divorzi. Ma la posizione di Alfredo crea difficoltà anche un uomo adulto. Lei lo fa impazzire, si prostituisce, forse va pure con il padre, insomma, ce ne vuole a star dietro a una storia così».

Sbagli? Che cosa non rifarebbe?
«In amore è tutto concesso. Nel lavoro no. Mi sono buttato nel mondo del pop troppo presto, senza avere alle spalle una carriera lirica consolidata».
 


Lo rifarebbe?
«Ora sì. Sto organizzando un tour in Italia, un sogno. Poi Broadway. E il lavoro con “Amici”. Ho cancellato date per dedicarmi alla tv. Voglio trasmettere l’amore per l’opera a tutti. E’ il mio sogno. Io ascolto anche rap, trap. E perché i rapper non devono appassionarsi la lirica».

Sfera Ebbasta che canticchia Turandot?
«Io l’ho conosciuto. Avevo uno studio a Milano, tanti anni fa, dove progettavo elicotteri in scala ridotta. Un pallino. Come la Harley-Davidson. Lì sotto c’era un bar dove i ragazzi facevano rime in strada. E nel gruppo c’era lui. Si capiva già da allora che aveva da dire. Vanno abbattuti i muri. Aprire un dialogo. Non dico convertirli all’opera, ma incuriosirli. È il mio obiettivo. Per questo vado dalla De Filippi».

Un po’ come Roberto Bolle?
«È infatti siamo amici. Anzi lo devo chiamare perché mi sono un po’ ingrassato. Andrò a fare la sbarra con lui».

Fissato con la dieta come le sue colleghe?
«No. E mi è venuta la pancia. Ma è meglio dimagrire quattro chili che ricomprare il guardaroba. Come Bolle non sarò mai. Lui è una statua che cammina. Ma fisico sgradevole è meglio di uno sgradevole».

Bolle deve ballare in body. Lei no.
«Mi hanno chiesto di spogliarmi. Non un nudo integrale, ma con il giusto indispensabile».

Tra le varie sfide, anche dei nuovi ruoli?
«Carmen a Parigi, al Met, alla Scala. Poi Ballo in maschera. Che meraviglia. E il Trovatore, sempre al Met».

E Roma?
«Magari tornarci a fare Tosca. L’inizio di tutto».

Come mai non abita più a Roma? 
«Ho abbandonato Roma, quando l’ha abbandonata l’amministrazione». 

E la lirica è abbandonata?
«Una follia. È l’industria made in Italy per eccellenza.
Se i politici conoscessero certe arie forse governerebbero meglio».

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