Bimba tetraplegica per errori in sala parto, la mamma: «Ecco come si accaniscono sulla mia Eleonora»

Tetraplegica per errori in sala parto, la mamma di Eleonora: «Ecco come si accaniscono sulla mia bambina»
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Sabato 16 Marzo 2019, 00:54 - Ultimo aggiornamento: 17:19

«Una beffa su una condanna che c’è e deve essere portata avanti. Sono schifata. Sono arrabbiata. Si accaniscono ancora sulla mia bambina. Dopo dieci anni di pene speravamo di aver raggiunto un obiettivo e invece continuano a volerci far del male, solo per i soldi e senza rendersi conto di aver costretto mia figlia a una vita in gabbia».

Così, a Storie Italiane di Eleonora Daniele su Rai1, Benedetta Carminati, mamma della piccola Eleonora Gavazzeni, nata tetraplegica per errori in sala parto, ha commentato tra le lacrime l'istanza delle compagnie assicuratrici dell'azienda sanitaria che - davanti alla Corte d'Appello di Venezia - hanno richiesto, in relazione alle presunte aspettative di vita della bambina, una revisione al ribasso del risarcimento di oltre 5 milioni di euro accordato dal Tribunale di Rovigo con sentenza di primo grado. 

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«Attualmente quei soldi non li possiamo toccare - ha spiegato mamma Benedetta -. Che un medico possa dire che mia figlia non avrà una vita più lunga di venti anni, su basi che non ha, mi fa arrabbiare. Mia figlia vivrà fino a ottant'anni. Un medico, senza averla visitata, non si può permettere di dire a mia figlia che potrà vivere non più di vent'anni. Mia figlia non è una vegetale, si fa capire, fa i biscotti con le maestre e canta con il suo papà. Ascolta e comprende tutto quello che le sta capitando attorno. Vivrà perché ha la forza e la voglia di vivere».

La mamma della bimba ha poi spiegato che finora non ha ricevuto «mai una parola di pentimento da nessuno in dieci anni. Anzi nel 2013 - ha proseguito Benedetta - tornando da Ravenna dopo un mese di fisioterapia, abbiamo trovato una lettera di minaccia anonima nella cassetta della posta. Ci hanno scritto 'la pagherete cara'. Perché? Dovevo andare a testimoniare nel penale. Avevano paura di quello che avrei potuto dire. Hanno paura di noi, pensano di intimorirci. Io non mi fermo davanti a nessuno. È un diritto mio e di mia figlia».

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