Roberto Bolle: «Ora ballerei un valzer con Michelle Obama»

Roberto Bolle: «Ora ballerei un valzer con Michelle Obama»
di Fiamma Sanò
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Giovedì 14 Marzo 2019, 00:02
Prendi un’étoile, uno scrittore e una città. Ed ecco che nasce un documentario in quattro puntate da 50 minuti ciascuna, in onda il sabato, dal 16 marzo alle 21.15 su Sky Arte. Cioè Roberto Bolle – Questa notte mi ha aperto gli occhi. Lo ha prodotto Ballandi Arts con Artedanza, ma l’idea è del protagonista, il quale avverte: «Non è un programma sulla danza, è qualcosa che fa entrare nel mio mondo, dietro lo spettacolo». Bolle che l’esperienza televisiva ormai l’ha fatta sua, adesso si spinge oltre il puro intrattenimento, per lanciarsi nel racconto intimo: in soliloquio voice over e in dialogo con colleghi di palco e soprattutto scrittori. Il titolo è mutuato dal libro di Jonathan Coe, in carne e ossa nella prima puntata. La danza c’è: la videocamera scorre lenta su ogni profilo del corpo di Roberto durante gli esercizi in solitaria, e poi cattura tutti i respiri e la tensione del balletto con le partner. Sabato vedremo Bolle nelle prove di Margherita e Armando alla Royal Opera House di Londra con Zenaida Yonowsky. Lo spettacolo non si vede: si va subito al “dopo”, l’incontro con lo scrittore e la città. L’inizio è Londra con Jonathan Coe, poi Tokyo con David Pearce, Milano con Michele Serra e New York, con Roberto Saviano. Nell’intervista-chiacchiera a tutti la domanda di rito: qual è stata la notte che ti ha aperto gli occhi? Quella di Bolle, quando è diventato primo ballerino della Scala: «Avevo 21 anni ed è stato assolutamente inaspettato, avevo appena iniziato da solista e mi ha cambiato la vita».
Perché racconta proprio la notte?
«Perché è un momento particolare, di riflessione, in cui mi sono trovato molte volte dopo gli spettacoli. Durante la notte mi piace passeggiare in solitudine. Mi stacco da tutto e mi immergo nell’energia delle città».
Qual è il suo posto preferito delle quattro che racconta?
«Times Square a New York e l’incrocio di Shibuya a Tokyo, con le luci, i ledwall, le immagini: sono super carichi di energia». 
Nei documentari si vede molta bellezza e meditazione, ma allora perché nei film sulla danza è tutto sacrificio e competizione? 
«Nel corso delle puntate ci sarà tempo di raccontarlo, e raccontarmi meglio. Però uno degli aspetti che meno mi ha toccato nella carriera è proprio quello di rivalità e gelosia. Non dico che non esistano, però io sono stato fortunato e non ho provato questi sentimenti».
Nemmeno subiti?
«Neanche tanto. Sono sempre stato appoggiato nelle compagnie. Il talento alla fine viene riconosciuto e la competizione è sana. Con i colleghi sono amico. E non faresti mai del male a un amico».
La sua collega Eleonora Abbagnato sostiene che gli uomini nella danza siano molto meno competitivi delle donne. Lei è d’accordo?
«Credo che sia vero. Ma secondo me dipende dal fatto che ci sono molte più donne nel campo, competitive fin da bambine. Noi siamo abituati a non sgomitare per i ruoli: ora di maschi ce ne sono di più, ma nel mio corso eravamo in due. Diciamo che la strada era abbastanza spianata». 
Lei ha detto: «Per il corpo la danza non è una cosa naturale, bisogna allenarlo costantemente». Quindi l’arte che è più di ogni altra è simbolo di grazia, in realtà è contro natura?
«Esatto. Bisogna lavorare contro natura facendo sembrare graziose cose che non lo sono. La danza non è un’arte naturale già nelle sue basi: posizioni innaturali che portano ad una condizione fisica estrema. È quello il bello, altrimenti, la farebbero tutti».
Ha mai sentito che uno sforzo fosse “troppo”?
«No. Molte volte mi sono trovato davanti a impegni massacranti, ma li vivo come sfide, mi metto sempre in gioco e in fondo lo faccio perché mi mi piace».
Si definisce un artista? 
«Direi di sì».
Da cosa si riconosce l’arte?
«Dal sapere emozionare le altre persone attraverso qualche talento. Più o meno grande che sia».
La tv, la fa con arte?
«Cerco. E ci metto dentro tutto il mio meglio e la mia onestà. Credo sia questo il segreto del successo, che per me è l’affetto e la stima da parte del pubblico».
Lascerebbe i grandi palchi per il piccolo schermo?
«No, assolutamente. I teatri sono il mio mondo, il più bello, parte fondamentale della mia vita che mi fa sempre entrare in contatto con la parte più vera di me».
La sua più grande vanità?
«Non saprei. Sono normalmente vanitoso».
Il suo pregio?
«Forse essere vero e genuino. Sia con gli amici, che con il pubblico». 
Bolle & Friends: chi sognerebbe di vedere con le scarpette da ballo?
«Mi piacerebbe conoscere Michelle Obama».
Cosa ballerebbe con lei?
«Un valzer. Ci starebbe tutto».
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