Inzaghi, la Lazio ora o mai più

Inzaghi, la Lazio ora o mai più
di Emiliano Bernardini
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Giovedì 14 Marzo 2019, 07:30
Il futuro è adesso. Ancora tutto da scrivere. Perché non è vero che la parola fine tra Inzaghi e la Lazio sia già stata messa. Innegabile dire che delle frizioni con il presidente Lotito ci sono state e ci siano. Niente di insuperabile. Dodici partite di campionato e una semifinale di ritorno di coppa Italia per ribaltare o confermare i giudizi. Insomma o si fa la Lazio o si “muore”. La Champions è l’obiettivo fissato dal ds Tare e dal patron biancoceleste. La squadra allestita in estate ha tutte le carte in regola per arrivare quarta, spetta a Simone riuscirci. Detto così potrebbe suonare come un out out. Alzi la mano che non l’abbia pensato in quella conferenza stampa a reti unificate dove Simone fu definito un figlio e la Lazio una Ferrari. La realtà però assume infinite sfumature. Così come le parole pronunciate dal numero uno biancoceleste martedì scorso. Il suo «possiamo competere con chiunque, la Champions è un risultato importante, prestigioso, ma non è indispensabile» va interpretato da un lato come una frecciata a quei club che senza Champions sarebbero obbligati ad un pesante ridimensionamento e dall’altro sgravare proprio Inzaghi dalle pressioni. Potere della dialettica del presidente che con le parole tutto crea e tutto distrugge. Stare nei suoi pensieri non è semplice. Inzaghi sa che si trova ad un bivio della sua esperienza laziale. E’ durato un anno in più dei suoi predecessori, il suo attaccamento ai colori l’ha trasformato in un baluardo della tifoseria. 
UNICA MISSIONE
Tutto rose e fiori? Affatto perché per arrivare a vedere la luce in fondo al tunnel c’è ancora tanto da fare. Raggiungere la finale di Coppa Italia sarebbe già un traguardo importante. Chiaro che nella testa di tutti ci sia la Champions. La sua musichetta manda sotto il cielo biancoceleste da ben undici anni. Troppi. E troppe volte è sfuggita all’ultimo tuffo. Basti pensare allo scorso anno. E allora ecco che Inzaghi resta sospeso. Non ne giudizio. In quello è stato ampiamente promosso. Apoteosi dopo il derby. Ma il futuro non può e non deve passare solo dalla Roma. Bisogna fare un salto di qualità. E per farlo la Champions resta la via principale. Giugno è lontano e in due mesi e mezzo tutto può ancora succedere. I pensieri, però, non sono a senso unico. Anche Inzaghi riflette sul suo futuro. L’estate scorsa, non è un mistero, aveva parlato con il Napoli. Da un lato si sente pronto per il salto in alto da un altro le sue radici lo inchiodano a Roma. Difficile scegliere tra testa e cuore. E a guardar bene in Italia di panchine prestigiose libere al momento non sembrano esserci. Per ora però Simone si tappa le orecchie e va dritto per la sua strada. Ha una missione da portare a termine. Missione ulteriormente complicata da un calendario fitto di impegni. 
MANOVRE D’ATTACCO
È vero il calendario nasconde tante insidie. La doppia di trasferta di San Siro contro il Milan però, tra coppa Italia e campionato, potrebbe essere l’occasione per pensare al futuro. L’asse Roma-Milano, o meglio, Formello-Milanello è molto caldo. I rapporti tra le società sono ottimi, ancor di più dopo l’elezione del presidente Scaroni in Lega. Lo scorso anno il presidente Lotito, su consiglio del ds Tare, rifiutò a due giorni dal gong del calciomercato 80 milioni di euro più Bonaventura per Milinkovic. E non è escluso che a giugno i rossoneri non possano tornare all’attacco per Sergej. In casa Lazio però non si pensa solo alle uscite. In entrata si fa il nome di Cutrone. L’attaccante classe ’98, chiuso prima da Higuain e ora da Piatek, verrebbe di corsa a fare la spalla di Immobile. Non perché la panchina della Lazio sia più attraente di quella del Milan, ma perché sulla scia delle ultime stagioni la società biancoceleste ha capito di non poter “spremere” Ciro e assicurerebbe a Patrick più continuità in termini di presenze. La società rossonera sarebbe pronta ad accontentare la richiesta di Cutrone, che gradirebbe una trasferimento nella Capitale. Insomma, le condizioni perché la Lazio del futuro abbia una coppia d’attacco “Nazionale” esistono. L’unico ostacolo arriverebbe dal direttore sportivo Tare più incline a situazioni dall’estero, come Wesley del Brugges, che al made in Italy. 
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