APPUNTAMENTO AL MARE
È stato un papà a stanarlo. Il padre di una tredicenne che, durante una breve vacanza a Santa Severa, non vedendo rientrare la figlia, tredici anni e ancora nella scuola primaria, l'aveva cercata in uno stabilimento balneare trovandola in compagnia dell'uomo. La baciava su un lettino prendisole. «Ero convinto che fosse diciottenne», si è giustificato con lui l'approfittatore. L'indagine è partita da quella segnalazione, nell'estate del 2013. Sono stati poi i carabinieri a scoprire che l'uomo, un disoccupato ora quarantaduenne, nello stesso periodo aveva agganciato un'altra adolescente a cui imponeva giorno dopo giorno contatti via web sempre più erotici. In questo caso, però, i familiari hanno scelto di non procedere con la denuncia per non affrontare il processo contro il sospetto pedofilo. Ma il precedente è finito comunque agli atti del pm Eugenio Albamonte, che ha portato a giudizio l'adescatore seriale. «Mia figlia non è rientrata dopo un bagno al mare - aveva denunciato invece, l'altro papà - Quindi, preoccupato, sono andato a cercarla. Dopo aver perlustrato la spiaggia per un'oretta l'ho trovata su una sdraio. Qualcuno la abbracciava e baciava. E alla mia vista ha cercato di coprirla». «Ho chiesto all'uomo chi fosse». Solo il nome, Stefano, però, a conclusione delle indagini si è rivelato vero.
LA TRAPPOLA
Di certo, come è stato ricostruito coi contatti WeChat, conosceva l'età della ragazzina. «Ho tredici anni - si era presentata - I miei genitori non mi lasciano uscire sola». Eppure l'adolescente allettata dal corteggiamento si era allontanata da casa almeno tre o quattro volte per incontrare quel giovane che riteneva il fidanzato segreto. L'adescatore di minorenni ora dovrà risarcire sia la ragazzina che i genitori per la trappola tesa, così come chiesto dal legale di parte civile, l'avvocato Sandra Aromolo. In tutto trentamila euro.
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