La trasferta all'aeroporto di Heathrow, teatro dell'ultimo confronto sul modus operandi per disegnare lo scacchiere delle operazioni, ha svelato la profonda contraddizione in cui l'ex compagnia di bandiera rischia di cadere e legata sostanzialmente alla richiesta avanzata da easyJet. La low cost inglese vorrebbe separare la componente lungo raggio di Alitalia, concentrandola a Fiumicino, da quella delle rotte domestiche europee sugli aeroporti di Milano. Una soluzione che vede contrari sia Delta Airlines che FS, per motivi facilmente intuibili.
Le condizioni poste da easyJet sarebbero a tutto svantaggio degli altri due attori che sono candidati ad acquisire la metà delle quote (30% Fs, 20% Delta), ma potrebbero essere tentati di aumentare la partecipazione per compensare l'eventuale passo indietro degli inglesi, ai quali è stata riservata una quota del 20%. Fatto salvo il 15% avocato a sé dal Ministero dell'Economia (scelta non gradita in Europa), resta sempre da piazzare il restante 15% che conserverebbe valore effettivo solo se assegnato a uno, o massimo due, operatori attivi nel settore dei trasporti e della logistica.
E' il motivo per cui si continua a richiamare l'interesse di Poste e cercare di abbordare il capitale di Fintecna, società per azioni del gruppo Cassa Depositi e Prestiti.
Venute allo scoperto le pretese di easyJet, difficile che i principali attori dell'operazione per il rilancio di Alitalia raggiungano un accordo tecnico e operativo nell'arco di 20 giorni, permettendo al governo di mantenere la promessa e chiudere la partita a fine marzo. Uno slittamento dei termini appare sempre più probabile, almeno fino ad aprile. Senza escludere che rientri in gioco Air France-Klm, partecipata da Delta. Appena 50 giorni fa Delta Air Lines si era detta disponibile a entrare nel capitale di Alitalia insieme al gruppo Air France-Klm con una quota del 40%.
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